Villa Margon è un gioiello ma non merita contributi

di Nicola Guarnieri

Dal colle di Ravina domina la valle e, inutile girarci intorno, appare in tutto il suo splendore. Villa Margon - di proprietà dei fratelli Lunelli (Gino, Giorgio, Franco e Mauro), quelli dello spumante Ferrari - d'altro canto è un complesso cinquecentesco di notevole valore storico, culturale e architettonico. E, non a caso, ha pure ospitato, negli anni del Concilio di Trento (1545-1563), cardinali e prelati giunti da tutta Europa per la grande assise che diede il via alla Controriforma. Tra gli ospiti anche l'imperatore Carlo V, le cui gesta sono raccontate in un ciclo di affreschi che impreziosiscono la villa e il cui letto è tra gli arredi più significativi. Sull'importanza di questo sito, dunque, nessuno ha dubbi. Nemmeno i giudici amministrativi della capitale anche se, dopo dieci anni di attesa, hanno rigettato il ricorso contro la graduatoria del Comune di Trento per ottenere i contributi da destinare alla ristrutturazione.


La villa, chiaramente, è stata sistemata a dovere ma la famiglia Lunelli, ancora a inizio secolo, aveva presentato regolare domanda a Palazzo Thun. In graduatoria, però, la richiesta era finita all'ultimo posto. Motivo? Non si poteva considerare un insediamento del centro storico e, come tale, non si poteva finanziare un intervento di restauro perché trattasi di compendio isolato. Di qui il ricorso al Tar che, esattamente dieci anni fa, ha dato ragione al Comune. Via dunque con l'impugnazione al Consiglio di Stato che adesso, due lustri dopo, ha confermato la sentenza di primo grado. I giudici romani hanno però dato peso al prezioso bene di cui si parlava, Villa Margon appunto, e hanno quindi ritenuto equo compensare le spese. Tradotto significa che ognuno si paga il proprio «disturbo» e amici come prima.


Il collegio, come detto, riconosce l'importante valore del complesso ma rilevano che non rientra in un centro storico e dunque non può guadagnare punteggio in un elenco che privilegia la riqualificazione del tessuto urbano dei contesti artistici dei centri storici propriamente intesi. Tanto più che è in periferia e isolato, quindi non è un catalizzatore in armonia con la comunità circostante. Più esplicitamente, il Consiglio di Stato ricorda che «il bene da restaurare non poteva essere equiparato ad immobili posti nel cuore del centro storico della città di Trento». E ancora: «Villa Margon è sostanzialmente il punto nodale di una frazione della città, quindi è al di fuori di quel tessuto storico omogeneo la cui tutela è alla base della legge provinciale 1 del 1993. Ravina, oltre ad essere collocata al di fuori del tessuto storico comunale, non forma evidentemente nucleo omogeneo, visto che essa è caratterizzata oggettivamente proprio dalla presenza di Villa Margon, la quale risalta per la sua specificità e non per essere parte di un ampio complesso cittadino in intrinseca armonia».


I Lunelli, purtroppo inutilmente, hanno sottolineato più volte come la villa sia un complesso architettonico a se stante (con residenza cinquecentesca affrescata, palazzo settecentesco, rustico con torre e cappella neogotica) e dunque costituisca un nodo storico indipendente, di fatto un centro urbano assimilabile a quello di un paese e di conseguenza legittimato a beneficiare del contributo.

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