Stufe vietate in rifugio, la rabbia dei gestori

di Giuseppe Fin

«Qui vogliono stravolgere tutto. Se qualcuno pensa che il gasolio inquini meno della legna allora lo dica chiaramente e noi lo porteremo nei rifugi. E dove non ci sono i gruppi elettrogeni dobbiamo servire il mangiare freddo?». Ezio Alimonta, presidente dei rifugisti trentini critica senza mezzi termini l'articolo della normativa antincendio che, secondo quanto scritto nel paragrafo 8.2, sostanzialmente prevede l'eliminazione delle stufe a legna all'interno dei rifugi.
La normativa è molto complessa e si trova in due decreti: il primo del 9 aprile del 1994 che riguarda più specificatamente le strutture alberghiere e il secondo, invece, il 3 marzo del 2014 che regola la normativa antincendio anche per i rifugi di montagna con un richiamo al provvedimento del ?94. Ed è proprio questo richiamo che sembra ad aver messo in allarme i rifugisti. Nel paragrafo «Impianti di produzione calore» viene infatti chiarito che le fonti di calore devono essere di tipo centralizzato e questo significa che ogni impianto deve essere sistemato all'interno di un locale adeguato secondo le norme, escludendo la possibilità di avere stufe a legna all'interno delle sale.
«Abbiamo chiesto lo scorso anno un incontro con la Provincia di Trento - ha affermato Alimonta - ma fino ad oggi non abbiamo ottenuto alcuna risposta».

Un problema non da poco per i rifugi di montagna. Quasi tutti utilizzano la stufa a legna per riscaldare i locali o per altri usi. Un adeguamento di questo genere, oltre alle questioni economiche, creerebbe diversi problemi anche logistici visto che stiamo parlando di edifici vecchi. Senza contare che la sostituzione delle stufe con sistemi centralizzati peserebbe notevolmente sul bilancio della Sat che ha già messo in conto di spendere oltre un milione di euro per l'adeguamento degli impianti elettrici dei rifugi. La normativa antincendio non si ferma solo a questo. Tra le disposizioni vi è anche l'utilizzo di legno trattato nelle sale interne oppure di cartongesso. A parlare di «questione di natura politica» è il presidente della Sat, Claudio Bassetti , l'associazione che gestisce 35 rifugi su tutto il nostro territorio. «Le normative le fanno i politici e in questo caso Roma. Noi come Sat da tempo - ha spiegato Bassetti - stiamo cercando di ragionare con i vertici del Cai perché facciano forte pressione affinché la questione si modifichi a livello romano».

Una partita che si gioca non solo però a livello nazionale ma anche locale. «Crediamo che la Provincia di Trento - ha spiegato Bassetti - debba avere gli spazi per agire su questi aspetti. La Provincia di Bolzano ha delle competenze primarie su questioni di antincendio e si comporta in maniera diversa. Basterebbe che anche Trento la ottenesse per risolvere un sacco di problemi».
Per il presidente della Sat il problema nasce anche dal fatto che «non viene fatta distinzionetra rifugi e alberghi. Non si tiene conto delle particolari caratteristiche e della posizione dei rifugi, che non sono solo strutture a vocazione economica ma anche presidi ambientali, storici e culturali». Il punto su cui agire, secondo la Sat, sarebbe invece la formazione del personale. «È evidente - ha spiegato Bassetti - che va garantita la sicurezza di chi frequenta i rifugi ma non si può pensare ad esagerazioni che sono fuori scala e impossibili da mettere in atto, snaturando questi presidi».

Anche da parte degli stessi rifugi arriva l'allarme. «Se la stufa é ben gestita e pulita - ha spiegato Roberto Cornella del rifugio Val d'Ambiez - Agostini - i rischi sono davvero pochissimi. Fare un sistema centralizzato in un rifugio, trovare gli spazi in zone già esistenti, non è semplice e la spesa sarebbe insostenibile». Eliminare la stufa sarebbe come «togliere l'anima del rifugio» è invece il commento di Roberta Silva del Rifugio Roda di Vael mentre per Anna Toffol Simon del «Velo della Madonna» avere un generatore elettrico «diventerebbe un costo elevatissimo».

LA LETTERA

«Tutte questa nuove normative secondo noi porteranno solo a snaturare la magia e la poesia dei rifugi alpini» sostengono Lisa e Lorenzo Ognibeni gestori del «Setteselle» in Val dei Mocheni. «Noi abbiamo solo la stufa a legna per riscaldare e cucinare - spiegano - Gestire un rifugio non è solo far da mangiare, ma anche fare l'idraulico, il falegname, l'elettricista, lo psicologo, il muratore, lo spazzacamino. Non abbiamo sicuramente i vigili del fuoco sotto casa e quindi l'uso e la manutenzione e la cura delle stufe a legna è sicuramente un compito che non sottovalutiamo. Se andiamo avanti così ci saranno solo alberghi d'alta quota e i piccoli rifugi, con tutta la loro storia, lo stile di vita, la bella atmosfera e il fascino che hanno andranno a morire» E ricordano che «le leggi non si possono fare solo stando seduti dietro ad una scrivania ma vanno condivise con chi di questa vita ne è il protagonista».

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