Uccide moglie e figlio e poi si suicida, Shock a Trento
Claudio Rampanelli era entrato in un tunnel buio di cui non vedeva l'uscita. Non riusciva ad accettare la fine del rapporto con la compagna Laura Simonetti, un fatto normale in qualsiasi relazione sociale, divenuto però per lui una sorta di ostacolo insormontabile. Un peso che il futuro omicida vedeva come sempre più insostenibile.
Questo quadro psicologico emerge in modo netto dalle indagini condotte dalla Squadra mobile di Trento sul duplice omicidio con suicidio che mercoledì scorso ha travolto la quieta quotidianità di un palazzo storico in via Marchetti. Da un punto di vista giudiziario il caso per la magistratura è ormai di fatto chiuso con la morte dell'assassino. Resta il dolore dei famigliari, ma rimane anche la memoria di un duplice omicidio che - pur con tutti i tentativi di interpretazione da parte degli psicologi - è ancora per molti aspetti inspiegabile e per questo ancor più agghiacciante. Gli investigatori hanno scoperto che da qualche giorno la mente, evidentemente disturbata, di Rampanelli meditava propositi suicidari. Di ciò c'è una doppia traccia.
In un messaggio inviato alla compagna l'uomo aveva fatto accenno al proposito di togliersi la vita di fronte al definitivo naufragio della relazione sentimentale tra i due. Ma quella minaccia poteva sembrare quasi un ricatto diretto alla partner per cercare di convincerla a cambiare idea e a proseguire la relazione sentimentale. Ma Laura Simonetti era decisa: interrompere una relazione che durava da ben oltre un decennio era una decisione che aveva preso non certo a cuor leggero. Nelle ultime settimane era giunta alla conclusione che non ci fossero più le basi per proseguire e lo aveva più volte comunicato a Rampanelli, invitato, pur senza assilli, a cercarsi un nuovo tetto. Ma lui non ci voleva sentire e restava aggrappato alla speranza, in realtà vana, che le cose si potessero ancora sistemare.