Donna crocifissa sotto cavalcavia Chiesto l'ergastolo per l'idraulico
Condanna all’ergastolo: questa la richiesta avanzata dal pm Eligio Paolini nel corso della requisitoria al processo nei confronti di Riccardo Viti, l’idraulico fiorentino accusato di aver violentato e seviziato, fino a provocarne la morte, Andreea Cristina Zamfir, 26 anni, una prostituta romena trovata priva di vita il 5 maggio 2014 sotto un cavalcavia dell’A1 a Firenze. Viti è accusato anche di altri cinque episodi di violenza avvenuti tra il 2011 e 2014 tra Firenze e Calenzano.
La giovane romena era stata trovata priva di vita e legata con del nastro adesivo a una sbarra di ferro dove la donna era come crocifissa.
Poco dopo l’omicidio furono interrogate anche cinque prostitute aggredite a Firenze e dintorni, donne che hanno denunciato dal 2006 a oggi altrettanti episodi di aggressione con sevizie sessuali subite da un cliente in modo analogo alle circostanze in cui è morta Andreea Cristina Zamfir.
In tre casi i carabinieri hanno rilevato la presenza nel luogo delle aggressioni del dna dell’accusato.
Il dna è stato ricavato dalla saliva che il maniaco ha lasciato sul nastro adesivo usato per bloccare le vittime. L’uomo, secondo il racconto di alcune prostitute agli inquirenti, era un cliente particolare che chiedeva di praticare un giochino erotico.
«Non sono ciò che vogliono descrivermi, cioè un serial killer, ma una persona che quella maledetta notte ha perso il controllo della situazione e che non avrebbe mai pensato e voluto che la ragazza morisse», aveva scritto Riccardo Viti, quando fu arrestato l’anno scorso, in una lettera inviata dal carcere alla madre della vittima. «Vorrei farle sapere - scriveva - quanto sono costernato per la perdita che le ho causato».
Con l’arresto di Riccardo Viti «è partito ad opera dei media il repertorio penoso della mostrificazione, spintosi fino al coinvolgimento della madre di Riccardo costretta a pronunciarsi in sintonia con il coro; un coro mediatico che è di per sé un mandato sociale che allude apertamente all’eliminazione di questa persona»: dicono in un documento don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano dove Viti è recluso, e Beppe Battaglia, presidente dell’associazione Liberarsi.