Trentino: ecco quali sono le famiglie a rischio povertà
Vivere in Trentino significa, nella generalità dei casi, godere di più che apprezzabili livelli di vita
È difficile sfuggire alla convinzione che il Trentino goda di un diffuso benessere. A dispetto della congiuntura economica ancora fortemente negativa per gli anni presi in esame, contenuti sono i tassi di povertà, limitati quelli di deprivazione e poco pronunciati quelli di percezione della difficoltà finanziaria. E si è mostrato che sotto tutti questi tre profili la situazione della collettività provinciale è migliore non solo di quella italiana, ma anche di quella in cui versano non pochi paesi europei con robusti sistemi economici ed altrettanto robusti sistemi di welfare alle spalle.
Insomma: vivere in Trentino significa, nella generalità dei casi, godere di più che apprezzabili livelli di vita. Ma questo, ovviamente, non allevia le sofferenze di coloro che, per quanto non moltissimi, vivono in condizioni di povertà.
Sono queste le conclusioni del Rapporto sulla situazione economica e sociale del Trentino edizione 2015, relative al tema della povertà, uno dei tanti affrontati dal documento.
Sono tre gli indicatori del disagio economico e sociale presi in considerazione dal rapporto:
- la povertà relativa da reddito
- la deprivazione materiale
- la valutazione espressa dai cittadini
La povertà relativa da reddito, spiegano i ricercatori, è interpretata come segno dell’ impossibilità di mantenere un livello di vita corrispondente ai canoni condivisi dalla comunità di appartenenza. Si fa riferimento alla distribuzione dei redditi disponibili agli individui che appartengono a una collettività (locale o nazionale) e a un valore specifico degli stessi al di sotto del quale si ritiene, appunto, che le persone non posseggano le risorse monetarie sufficienti per assicurarsi un decoroso livello di vita.
Questo valore è definito come soglia di povertà e le persone che presentano un reddito inferiore a questa sono classificate come povere.
La deprivazione materiale fa riferimento alle condizioni effettive di vita delle persone e, segnatamente, all’impossibilità di possedere significativi beni di consumo e di accedere a servizi atti a soddisfare basilari bisogni dell ’ esistenza individuale, quale essa si configura in società avanzate.
Le valutazione sono espresse in merito alla problematicità della situazione finanziaria della propria famiglia, espressa dalle persone di riferimento (in genere: capifamiglia o coniugi dei medesimi).
Vediamo nel dettaglio cosa ci dicono questi tre indicatori.
LA POVERTÀ RELATIVA DA REDDITO
Come si nota dal grafico, i tassi di povertà variano entro un campo assai ristretto di valori: tra l ’11,1% e il 10,2%.
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Poco è cambiato, pare, negli ultimi anni. Spiega il Rapporto: «Si può sostenere che, negli anni compresi tra il 2010 e il 2013, l’incidenza della povertà in provincia sia aumentata di un paio di punti percentuali rispetto a quella rilevata negli anni precedenti la crisi. Parrebbe, tuttavia, che il peggioramento più consistente della situazione si sia verificato nel passaggio tra il 2007 e il 2008, ossia all’inizio della crisi congiunturale, e che subito dopo si sia manifestato un miglioramento incisivo della stessa. Questo miglioramento si sarebbe, infine, conservato fino, appunto, al 2013. L’effetto del Reddito di Garanzia, entrato in vigore proprio nel 2009, potrebbe dar conto della discontinuità rilevata tra il 2008 e il 2009».
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Proviamo allora a fare un confronto con il resto del Paese. «Adottando la soglia di povertà nazionale che, al 2013, valeva 7.866 euro, il tasso di povertà dei trentini scende, per quell’anno, al 7,2%, ben al di sotto di quello medio nazionale (12,4%).
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Non è, però, solo nei confronti dell’Italia che la nostra provincia fa registrare contenuti fenomeni di povertà. Nel 2013, il Trentino si ritrovava in posizione prossima a, o anche migliore di, quella di molti paesi europei usualmente annoverati tra quanti posseggono sistemi di welfare particolarmente generosi:
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Il fatto che la povertà in Trentino sia contenuta in dimensioni tutto sommato ridotte non cancella però il dramma di chi quelle condizioni le soffre sulla propria pelle. Il che vale soprattutto per alcuni gruppi sociali.
«La probabilità di osservare una famiglia in condizioni di carenza reddituale cresce parallelamente alla presenza di stranieri in essa, alla frequenza degli episodi di disoccupazione esperiti dal capofamiglia e al numero di minori che in essa vivono».
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Il rischio si riduce in presenza di livello di istruzione elevato.
«Per l’esperienza trentina, sono le coppie con due figli minori, viventi in un appartamento in affitto e con un capofamiglia straniero, in età relativamente giovane e poco istruito a presentare i maggiori rischi di ritrovarsi in una situazione di indigenza». Oltre una famiglia su tre di questo tipo è risultata povera. Analoghe osservazioni valgono per le famiglie unipersonali formate da donne di mezza età, di nazionalità straniera, poco scolarizzate e che abitano in una casa d’affitto.
Praticamente nulle le probabilità di trovare famiglie povere nei nuclei unipersonali costituiti da un uomo italiano di età compresa tra i 36 e i 44 anni, laureato e che abita una casa di proprietà. Molto ridotte anche quelle delle famiglie formate da una madre italiana, laureata e in età ancora giovanile che vive con un figlio minore in una casa di proprietà. Lo stesso vale per le coppie di anziani ultrasettantenni, con capofamiglia maschio, diplomato e di nazionalità italiana che vivono in una casa di proprietà.
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LO STATO DI DEPRIVAZIONE MATERIALE
In questo caso non consideriamo la povertà vera e propria, ma le difficoltà nel soddisfare bisogni collettivamente ritenuti irrinunciabili. Si fa generalmente riferimento alla impossibilità di disporre o di acquisire beni o servizi raggruppabili in tre categorie.
La prima comprende quattro beni durevoli:
- telefono
- lavatrice
- televisione
- automobile
La seconda comprende l’incapacità di:
- fare una settimana di ferie all’anno lontano da casa;
- mangiare un pasto proteico almeno una volta ogni due giorni
- riscaldare adeguatamente l’abitazione
La terza si riferisce all’impossibilità di far fronte a:
- pagamento di un mutuo o di un affitto o delle utenze domestiche
- pagamenti a fronte di eventi imprevisti ma di carattere cogente
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Risulta che in Trentino non sussistono situazioni di particolare gravità in ordine al mancato possesso dei beni durevoli presi in considerazione. Più diffuse appaiono, invece, le difficoltà incontrate nell’assumere comportamenti raccomandabili per garantire condizioni di vita salubri e ragionevolmente confortevoli. In proporzione simile le famiglie residenti nella nostra provincia dichiarano, infine, di incontrare difficoltà nel paga- mento dell’affitto, delle rate del mutuo, delle bollette e simili o di non riuscire a far fronte a spese impreviste.
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LE DIFFICOLTÀ FINANZIARIE PERCEPITE
In questo caso parliamo, ovviamente, di valutazioni di natura soggettiva, che però influenza comportamenti economici e livelli di consumo.
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«Facendo riferimento all’insieme degli individui che vivono nelle famiglie contattate, si può sostenere che circa una persona ogni dodici tra quelle che risiedono in provincia appartengono a famiglie che devono fronteggiare difficoltà di tutto rilievo nell’arrivare alla fine del mese. Più di un decimo di esse vivono, invece, in famiglie che si trovano davanti seri, ancorché non drammatici, problemi finanziari. Si noti, però, anche che oltre un terzo dei trentini si trova in famiglie con limitati ed occasionali problemi di tal fatta. E si noti, infine, che ben quattro persone su dieci risultano far parte di famiglie che non devono fronteggiare alcun ostacolo finanziario».
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CONCLUSIONI
Si può ricordare che «meno di due trentini su cento (1,6%) appartengono a famiglie in condizioni di radicale disagio economico in quanto sperimentano contemporaneamente povertà da reddito, deprivazione materiale e forti difficoltà finanziarie. E si può, contemporaneamente ricordare che più di otto trentini su dieci (82,0%) non conoscono alcuno d ei disagi economici considerati nelle nostre analisi».
Rimane, naturalmente, vero che «circa una persona ogni sei (17,4%) tra quelle residenti nella nostra provincia fa parte di una famiglia che sperimenta almeno una delle tre situazioni di precarietà economica esaminate. E rimane vero che anche una sola famiglia povera, una sola famiglia deprivata e una sola famiglia che incontra difficoltà nel raggiungere la fine del mese rappresentano un problema per una collettività che si vuole solidale ed equa».
Di seguito, il testo integrale del rapporto:
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