Debito con il fisco, ma lei non lo sa
Avvisi e cartella a Trento, lei però viveva in Belgio
Lei viveva in Belgio e lo aveva comunicato all'Agenzia delle entrate di Roma, inviando attraverso il notaio la denuncia di successione per alcuni beni ereditati in Trentino dalla mamma. Ma l'avviso dell'Agenzia delle entrate con la somma da pagare non è mai arrivata, se non quando - dopo dodici anni - Equitalia ha «scoperto» che la donna non viveva a Trento, bensì a Charleroi. La vertenza sorta con la società di riscossione si è chiusa a favore della ricorrente, che purtroppo è deceduta prima di conoscere l'epilogo di questa incredibile vicenda.
Tutto inizia nel 2000, anno in cui la madre della ricorrente muore. Si tratta di una trentina emigrata in Belgio molti anni prima, dove nel 1948 nasce anche la donna. Nell'aprile del 2000 la signora, avendo ereditato alcuni beni in Trentino, presenta la denuncia di successione attraverso un notaio per il pagamento delle imposte. La dichiarazione, come prevede la legge per chi risiede all'estero, viene presentata all'Agenzia delle entrate di Roma, competente nel caso in cui la persona defunta risieda all'estero. Da quel momento e per altri dodici anni, però, la signora non sa più nulla di quella pratica.
Il 17 ottobre 2012, ecco la doccia fredda: la donna riceve una comunicazione di Equitalia relativa all'iscrizione preventiva di un'ipoteca sulla casa che aveva in Trentino, a Centa, per un debito tributario di 26 mila euro. Alla donna, in sostanza, viene contestato il mancato pagamento dell'imposta di successione. La missiva le viene recapitata regolarmente a Charleroi. A quel punto la donna si rivolge ad un avvocato trentino, Francesco Moser, per capire cosa sia accaduto. Quello che viene a galla è davvero assurdo: per anni, in sostanza, prima l'Agenzia delle Entrate e poi Equitalia hanno inviato le comunicazioni relative alla richiesta di pagamento presso un'abitazione di via Maccani, dove la donna aveva vissuto nel 1967 soltanto alcuni mesi, prima di rientrare in Belgio e vendere addirittura l'immobile.
La prima comunicazione relativa alla liquidazione dell'imposta sarebbe stata spedita via posta nel 2002. Il messo si presenta presso l'abitazione dove 35 anni prima viveva la donna. Qui, ovviamente, della destinataria del plico non c'è traccia. A quel punto l'avviso viene affisso sull'albo comunale. Non però in via Belenzani, ma presso quello della circoscrizione. Inutile dire la donna non viene a saperne nulla. Passano gli anni, la pratica procede e, nel 2006, visto che la contribuente - almeno all'occhio del fisco - continua a fare orecchie da mercante, arriva la cartella di Equitalia.
L'iter è lo stesso. Il postino si presenza nella solita abitazione di via Maccani, dove cerca invano di consegnare la missiva. Quindi si procede con l'affissione all'albo pretorio. La donna, che si trova in un altro Paese, a centinaia di chilometri di distanza, ovviamente non ne sa nulla. Fino all'ottobre 2012, quando la donna si vede presentare il maxi conto. A quel punto, come detto, la donna si rivolge all'avvocato Moser, che si muove su due fronti, impugnando presso la Commissione tributaria trentina l'iscrizione dell'ipoteca e presso quella di Roma il debito tributario, sostenendo in primis che si fosse nel frattempo prescritto. Il legale evidenzia soprattutto che il difetto di comunicazione fosse da attribuire in toto all'Agenzia delle entrate e ad Equitalia, visto che nella denuncia di successione la donna aveva indicato con chiarezza l'indirizzo di residenza. Non solo, dopo essere lasciato la città, nel 1967, la ricorrente si era iscritta all'Aire, l'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero.
I giudici hanno accolto i rilievi dell'avvocato e condannato l'Agenzia a pagare le spese legali: la commissione di primo grado ha infatti dichiarato la notifica irregolare e l'imposta prescritta. L'Agenzia delle entrate ha fatto appello, ma anche in secondo grado l'esito non è cambiato. Sul fronte trentino i giudici avevano sospeso il giudizio, in attesa di conoscere l'esito del ricorso romano e ora l'ipoteca è stata cancellata. Un epilogo positivo, che purtroppo la donna non ha potuto vedere e che lascia l'amaro in bocca: nel 2013 è morta, probabilmente con il dispiacere di avere lasciato questa grana irrisolta ai figli.