Trento, giovane madre accusata di picchiare la figlia «Presa a cinghiate perché andava male a scuola»
Di fronte al cattivo rendimento scolastico o alla mancanza di collaborazione in casa c'è chi confisca il cellulare ai figli, vieta loro di uscire con gli amici o magari taglia ricariche telefoniche e paghetta settimanale.
L'elenco delle punizioni architettate dai genitori potrebbe proseguire all'infinito, ma in questo caso il metodo adottato dalla madre di una ragazzina avrebbe decisamente superato il limite, sconfinando nell'illecito penale e provocando alla minore ferite, sia fisiche che psicologiche, che non saranno facili da curare.
A processo, con l'accusa di abuso di mezzi di correzione, è finita una trentenne residente a Trento.
Il quadro tracciato dall'accusa è pesante: non si tratterebbe di qualche schiaffone dato in uno scatto di ira, ma di cinghiate e perfino pugni. Soprusi e violenze proseguiti per anni e interrotti grazie alle «antenne» delle scuola: a porre fine alla drammatica situazione è stato l'intervento delle insegnanti che, colta la gravità della situazione, hanno allertato gli organi competenti. La ragazza, quindi, è stata allontanata da casa e accolta in una struttura protetta.
I fatti sui quali dovrà pronunciarsi il Tribunale di Trento sarebbero durati per anni, in particolare nel periodo dell'adolescenza, quando la vittima aveva quindici anni, terminando solo nell'autunno 2015, quando le violenze subite in casa sono venute a galla. La donna, di fronte alla cattiva condotta scolastica della figlia o quando la ragazza non provvedeva a svolgere i lavori domestici che le erano stati affidati, l'avrebbe picchiata - almeno due volte - «con una cintura di cuoio sulle gambe, sulla schiena e sulle braccia».
Secondo l'accusa, sostenuta dalla pm Alessia Silvi, l'imputata in un'altra occasione l'avrebbe picchiata nelle stesse parti «con un cavo elettrico e, quando la figlia riusciva a strapparglielo di mano, le dava un pugno tra il naso e la bocca».
Agli atti ci sono anche i referti prodotti dall'avvocato della giovane, costituitasi parte civile: si va dalla frattura del setto nasale ad altre ferite suturate alla mano. Accessi al pronto soccorso che sarebbero da attribuire alle aggressioni subite dalla genitrice.
Si può facilmente immaginare quale dolore possano avere causato i comportamenti aggressivi e violenti della madre sulla ragazza. Una sofferenza fisica, per le botte subite, ma sicuramente anche psicologica. Una situazione destinata a lasciare il segno per sempre.
Una madre dovrebbe amare e proteggere i suoi figli, non certo diventare la persona della quale avere paura e dalla quale doversi difendersi. E invece proprio questo sarebbe accaduto.
Una spirale di paura e violenza dalla quale la ragazza è riuscita a fuggire grazie all'intervento delle sue insegnanti. Ora, come detto, sarà, il giudice a dovere stabilire se le accuse di cui deve rispondere la donna siano fondate. Il processo è in corso e le prossime udienze proseguiranno con l'audizione dei testi. La figlia, come detto, si è costituita parte civile e chiede di essere risarcita per i danni fisici e morali patiti.