Fertility Day, da Trento lettera al ministro
«Pensi invece a chi soffre per l'infertilità»
Anche da Trento arriva una replicva all'iniziativa del ministro della salute, Beatrice Lorenzin, che 22 settembre chiama gli italiani a celebrare il Fertility Day, ovvero il giorno della fertilità, obiettivo fare più figli.
Un'iniziativa, che per modi e contenuti è stata subito oggetto di pesanti contestazioni: chi l'accusa di evocare modalità da regime autoritario, chi di non rispettare le persone che figli non hanno e non vogliono o non possono avere.
Da Trento una lettera aperta al ministro è firmata da Samantha De Boni, presidente dell'associazione Giglio d'Iside.
Eccone il testo.
«Cara ministro, capisco e comprendo che l'Italia sia ormai un paese vecchio, che la maggioranza dei nuovi nati sia grazie agli stranieri e i pochi nuovi nati arrivi spesso in età non piu' giovanissima dei genitori. Spesso in questo paese lle persone pensano prima alla loro carriera e solo dopo anni di studio e lavor sabile ad avere figli.
Certo per le statistiche tutto ciò pesa ma come la mettiamo col lavoro? Come una coppia con contratti precari può pensare a procreare (dato che tanto viene usato questo termine...) quando non ha nemmeno i soldi per pagare l'affitto?
Come una donna può pensare ad avere figli quando dopo tre mesi dalla nascita deve rientrare al lavoro altrimenti il suo stipendio viene ridotto al 30%? Sempre se avrà ancora un posto di lavoro...
Come una coppia può pensare a procreare quando si ritroverà con orari di lavoro in cui i figli si ritroveranno per piu' di 12 ore con estranei?
E poi poi, poi ci siamo noi, donne uomini e coppie in-fertili...
Sì, perchè gran parte della popolazione italiana e non solo combatte ogni giorno con un macigno emotivo, fisico, psicologico e sociale che si chiama infertilità.
La delusione mensile di non rimanere incinta, le difficoltà ad accettare di essere "incomplete" agli occhi della società. la difficoltà fisica emotiva ed economica di accedere alle cure.
Cara ministro come può pensare di dedicare una giornata alla fertilità senza pensare a noi?
Ho 30 anni e il primo figlio arrivato a 20 grazie a delle cure ottenute all'estero. Per il secondo ci sono voluti 6 anni e nel frattempo il mio organismo è stato bombardato da 10 cicli ormonali visite, cure specialistiche...
E non le descrivo la pesantezza psicologica di tutto ciò... Ora sono altri 4 anni quasi che cerchiamo il terzo, le mie ovaie son già state bombardate senza risultato e in pma non si può accedere se si hanno già figli.
Bene: perché prima di dedicare una giornata alla fertilità non pensa a tutte queste cose?
Perché non vengono facilitati gli accessi in pma? Perché non annulla le spese per i cicli di concepimento?
Perché non fate qualcosa per accorciare i tempi di attesa per poter accedere alle cure?
Come può parlare di fertilità come bene comune quando in Italia il 15-20% delle coppie deve affrontare spese spesso insostenibili, lunghissimi mesi o addirittura anni di attesa solamente per un primo colloquio per poter forse accedere ad un ciclo che comunque non da la sicurezza di concepire?
Per non parlare poi delle molteplici coppie che quotidianamente, dopo che finalmente hanno raggiunto la meta della procreazione devono poi affrontare la terribile frontiera della perdita, a volte in utero nelle prime settimane (evento che viene abominevolmente definito fisiologico) e purtroppo molto più spesso di quanto pensare alla morte intrauterina a settimane avanzate, in procinto del parto o poche ore/giorni dopo.
Sto descrivendo un macigno che sgretola la persona che lo vive, una perdita incolmabile che nella maggioranza dei casi poteva essere evitata.
Perché invece del Fertilyday non istituisce il Babyloss day?
Perché non pensa alla maggioranza degli italiani che ogni giorno combatte con la difficoltà d avere fra le sue braccia solo un flebile ricordo colmo di dolore delusione rabbia e immensa tristezza?
Attendo fiduciosa una risposta e soprattutto una svolta e una cancellazione di questa giornata che viola i diritti di gran parte del popolo italiano.
Samantha De Boni, pcos, tube chiuse (non volontariamente), mamma grazie alle cure e presidente associazione Giglio d'Iside».