Intercettazioni e diritto di cronaca la Cassazione dà ragione all'Adige
Sì alla divulgazione, anche in forma integrale sui siti internet delle telefonate se c’è l’interesse pubblico a conoscerne il contenuto e se la telefonata in sè rappresenta una notizia. Inoltre lo stop alla diffusione da parte del garante della privacy non fa scattare in automatico il risarcimento per diffamazione.
Il caso specifico riguarda il nostro giornale e il nostro sito Web.
La Cassazione torna sulla questione della pubblicazione delle intercettazioni, recentemente rimbalzata sulle prime pagine per il caso della telefonata fra Matteo Renzi e il padre Tiziano, confermando l’orientamento della prevalenza del diritto di cronaca, in una causa per risarcimento avanzata contro l’Adige.
Il giudizio nasce da una richiesta di risarcimento per diffamazione di un ex comandante dei vigili del fuoco di Rovereto nei confronti del giornale per aver pubblicato un’intercettazione con un consigliere comunale, contenente dati sensibili sul proprio orientamento politico.
La conversazione, oggetto della causa, era stata registrata automaticamente perchè partita dal comando dei vigili del fuoco, ed era stata riprodotta da terzi, ignoti, su supporto magnetico e recapitata alle autorità locali e alla stampa.
Il nostro giornale l’aveva pubblicata anche in formato audio in questo sito Internet.
La Corte d’appello di Trento aveva negato il risarcimento, anche se l’intercettato aveva ottenuto precedentemente lo stop alla divulgazione da parte del Garante che aveva accertato come la raccolta e la successiva pubblicazione dei dati fosse avvenuta in violazione della legge. Il richiedente, in sostanza, riteneva che l’atto del garante fosse equiparato a un giudizio sull’illiceità della raccolta.
Sul punto la terza sezione civile della Cassazione (sentenza n. 13251) precisa che il Garante «può sospendere, modificare o far cessare il trattamento illegittimo di dati personali», ma non decide sulla richiesta di risarcimento danni, sulla quale si pronuncia il giudice.
La Cassazione ricorda poi che la legge stabilisce che «il giornalista può diffondere dati personali anche senza il consenso dell’interessato, purchè nei limiti del diritto di cronaca, e in particolare quello dell’essenzialità dell’informazione rispetto a fatti di interesse pubblico».
Secondo i giudici, la Corte d’Appello «ha rispettato questo criterio generale quando ha fatto riferimento all’interesse pubblico, sebbene di rilevanza locale, della notizia».
Ha, in sintesi, accertato «come la notizia consisteva proprio nel fatto che vi era stata la telefonata e che aveva avuto quel determinato contenuto».