Dieta vegana al figlioletto accusa di maltrattamenti
Niente latte, niente omogeneizzati di carne, niente uova, neppure una grattuggiata di parmigiano nella pappa ai cereali.
Scelte alimentari drastiche hanno messo nei guai una 25enne trentina strettamente e ostinatamente (visto che il marito avrebbe voluto un approccio alimentare più equilibrato) vegana. La giovane mamma è ora indagata per maltrattamenti nei confronti del figlioletto. Due i profili contestati alla donna nell'avviso di conclusione delle indagini inviato dalla procura: una dieta vegana esclusiva sin dalla nascita del bimbo (che in un'occasione finì ricoverato all'ospedale per uno stato di malnutrizione) e un'educazione basata anche su privazioni e punizioni a sfondo religioso.
Naturalmente le responsabilità sono ancora tutte da dimostrare. «Preferisco non entrare le merito della vicenda - si limita a dire il legale della mamma , l'avvocato Michele Busetti - diciamo solo che la mia assistita è una madre premurosa, sin d'ora respinge tutte le accuse mosse contro di lei».
La vicenda è certo molto delicata anche perché tocca tematiche - come l'alimentazione vegan per bambini anche molto piccoli, ma anche la sfera dei convincimenti religiosi - al centro di dispute accese. Restiamo dunque ai fatti, pur in un'ottica di parte come necessariamente è quella dell'accusa, che si basa molto sul racconto dell'ex marito a cui, al termine di un'accesa causa di separazione, è stato affidato il figlio.
Il piccolo sin dalla nascita è stato cresciuto senza lasciare alcuno spazio ad alimenti che non fossero vegani con l'esclusione di tutti i prodotti di origine animale, a partire dal latte e dalla carne. Pare che la giovane madre fosse molto rigida su questa scelta non pienamente condivisa dal marito e sconsigliata dal pediatra. La donna, anzi, vegliava affinché il coniuge di nascosto non allungasse al bambino qualche sorso di latte o una fetta di prosciutto. Bambino che comunque, questo è un dato di fatto, ebbe dei problemi di crescita. Il piccolo risultava sottopeso, appariva stanco e poco reattivo agli stimoli esterni. L'ipotesi del padre è che quelli fossero i sintomi evidenti di una dieta non equlibrata.
Di certo, quando il figlio aveva circa un anno, la situazione si aggravò: il bimbo faceva fatica a trattenere il cibo e vomitava. La stessa madre colse questi segnali e lo portò in ospedale dove il piccolo fu ricoverato per una settimana al Santa Chiara. Secondo l'accusa, la responsabilità era della madre che, privando il figlio degli indispensabili apporti nutritivi, ne rallentò la crescita. La madre, temendo che le cure prevedessero la somministrazione di carne, insistette, senza successo, che il piccolo fosse curato in Austria.
Le accuse di maltrattamenti non riguardano solo gli aspetti alimentari. Alla madre vengono contestati metodi pedagogici radicali, in parte attribuiti al un grande fervore religioso dell'indagata: lavava il bimbo solo con sale e olio, non gli dava giocattoli ma preferiva giochi a sfondo religioso, chiudeva il piccolo in una stanza buia, in qualche occasione alzava le mani, impauriva il bimbo che spesso aveva incubi.
Questo approccio educativo e alimentare radicale non ha fatto bene al rapporto tra mamma e bambino. Il piccolo è stato infatti affidato dal Tribunale al padre, mentre la madre può vedere il bimbo solo in ambiente protetto. Vincoli stretti presi dal Tribunale dopo che la donna nel gennaio scorso aveva trattenuto con sé il figlio per portarlo dai propri genitori senza avvisare l'ex marito che, preoccupato, attendeva invano il ritorno del figlio.