Medici di base, sei mesi di sciopero «Dal 2012 stipendi decurtati di un terzo»
Medici di base sul piede di guerra: si prospettano sei mesi di sciopero, a partire da prima di Natale. I disservizi interesseranno all'incirca 400.000 persone in Trentino. In sostanza, per sei mesi, i medici di medicina generale chiuderanno le porte degli ambulatori in alcuni giorni durante la settimana. Inoltre, in determinati giorni prestabiliti (sempre per un periodo di sei mesi) si asterranno dal rilascio delle ricette informatizzate. Dei 370 medici di medicina generale che assistono i pazienti trentini, ben 300 aderiranno allo sciopero.
La misura è ormai colma. A dirlo è il Segretario generale regionale di Federazione Cisl medici del Trentino Nicola Paoli. «Dal 2012 i medici trentini - chiarisce - ottengono uno stipendio decurtato del 30% (ovvero viene loro riconosciuta solo la quota nazionale del 70%, la quota provinciale del 30% è bloccata). Questo perché la Provincia e l'Azienda sanitaria trentina non hanno ancora attivato una serie di progetti, a cui i medici avrebbero dovuto aderire per vedersi riconoscere la parte mancante dello stipendio». Paoli stima che, in totale, l'inadempienza di Provincia e Azienda di viale Verona abbia bloccato 10 milioni di euro.
Proprio lo scorso 4 novembre, le sigle sindacali di Cisl, Smi (Sindacato dei medici italiani) e Snami (Sindacato nazionale medici italiani) hanno dichiarato lo stato di agitazione. Ovvero la volontà di scioperare nel caso in cui la trattativa non vada a buon fine. Non solo: vedendo che Provincia e Apss tardavano a sedersi al tavolo della trattativa, i sindacati hanno fatto richiesta al Commissariato del Governo di procedura di conciliazione. «Dallo stato di agitazione abbiamo atteso per 15 giorni: né Provincia né Azienda sanitaria hanno fissato un incontro - dichiara Paoli - In assenza di riscontro, domattina (oggi per chi legge) mi attiverò con il Commissariato del Governo per ottenere la convocazione forzata dei soggetti coinvolti».
I medici di medicina generale adottano la linea dura. «Anche perché - aggiunge Paoli - i tre milioni messi a bilancio nella finanziaria della Provincia per la medicina convenzionata avrebbero dovuto essere resi disponibili per la sola medicina generale». Paoli dice anche che le operazioni di razionalizzazione sulla concessione dei ricettari ai medici di base e la revisione (a rialzo) dei contratti di lavoro di infermiere e segretarie, obbligano i medici ad attingere risorse dal proprio stipendio «con la conseguenza di lasciarne intatto solamente il 50%».
Da rivedere anche la Convenzione provinciale tra medici e Provincia, che dal 2013 ancora non ha trovato applicazione. In tal senso la problematicità è legata all'istituzione delle Associazione funzionali territoriali (Aft), ovvero le associazioni di medici (da 15 a 30) che garantiscano una reperibilità di 12 ore (dalle 8 alle 20). «Delle 25 Aft che dovevano partire nel 2013, solo una è stata creata (Pinzolo) - spiega Paoli - Dobbiamo tenere conto, invece, che sul territorio esistono reti di medici e le associazioni periferiche complesse: la Provincia non può ridurre tutto al modello impostato unicamente sulle Aft. Consideriamo anche che, come medici, siamo a disposizione 10 ore al giorno. Aumentando ancora il nostro orario, come potremmo svolgere anche le visite a domicilio?».