Consorzio vini: «Priorità alla ricerca sul genoma»
È passato sottotraccia, come fosse una questione da tenere riservata tra le stanze della politica e della Fem-Fondazione E. Mach di San Michele all'Adige. Invece, il documento «Ricerca & Sviluppo - atto di indirizzo del comparto vitivinicolo trentino» è un inedito, perché è la prima volta che il mondo dei produttori chiede con forza di spingere sulla ricerca, in particolare sulla genomica, come garanzia di futuro per il settore.
Il documento è stato elaborato, dopo un lungo confronto interno e con le aziende associate, dal Consorzio vini del Trentino, e a fine novembre è stato inviato al presidente della Fem, Andrea Segrè , e, per conoscenza agli assessori Michele Dallapiccola (agricolutra) e Sara Ferrari (ricerca). Dopo un richiamo al percorso sui temi della salubrità, sostenibilità, preservazione del territorio e dell'ambiente - percorso «confermato con il processo di certificazione nazionale di qualità SQNPI» - il Consorzio di tutela presieduto da Bruno Lutterotti (presidente della Cantina di Toblino e di Cavit, da pochi mesi nel cda di Fem), che rappresenta oltre il 90% della viticoltura trentina, rivolgendosi a Fem ribadisce che «ritiene prioritario l'impegno dei progetti di ricerca del cosiddetto settore del genome editing . In particolare si ritiene importante l'ottenimento di varietà resistenti alle crittograme con varietà di vitis vinifera e cloni attualmente in utilizzo nella provincia di Trento».
Il Conzorzio vini si dice consapevole «di quanto questo percorso coinvolga livelli e modalità di lungo periodo e di caratura internazionale», ma «ritiene fondamentale porre la priorità della ricerca su base locale verso quelle varietà tipiche del territorio, garantendo una ricaduta a livello locale su tipologie di viti e cloni resistenti che corrispondano al terroir ». Non solo richieste. I viticoltori sono pronti a mettersi in gioco: «Una volta acquisito un quadro più definito dello stato di avanzamento del programma di ricerca e della partnership e compresa l'entità complessiva», Lutterotti e colleghi dichiarano «la disponibilità a farsi parte diligente e collaborante del programma, valutando volta per volta con attenzione anche gli eventuali impegni economici richiesti».
Qual è il senso dell'atto di indirizzo pro-ricerca?
«È semplice» risponde il presidente Lutterotti «i produttori devono avere una visione e un obiettivo di lungo periodo. Non si tratta di correre dietro oggi alla Peronospora, domani ad un'altra patologia».
Quali sono le principali criticità?
«Le criticità che il cambiamento climatico accentua, si chiamano Scaphoideus titanus (che propaga il virus del giallume), Drosophila suzukii, Planococcus ficus, cimice asiatica, Gpgv (virosi del Pinot Grigio)... E, su tutti, la Peronospora, che impatta non solo come patogeno, ma per l'uso dei pesticidi su popolazione e centri abitati. Le varietà resistenti riducono questo impatto. È la prima volta che i viticoltori, con un documento, pone come priorità la ricerca. Si prende atto che le criticità legate ai cambiamenti climatici sono sempre più evidenti, sistemiche, strutturali. E che è quindi necessario concentrare le risorse su questo settore della ricerca, per puntare su varietà resistenti. Dobbiamo fare di tutto per evitare di contrastare le criticità con la chimica, che per altro non è efficace per patogeni come la Drosophila».
Per Fem è stato però un anno particolare: se n'è andato Riccardo Velasco, se ne va Roberto Viola, i primi interlucotori sulla genomica...
«Il presidente di Fem ha accolto positivamente il documento del Consorzio vini: la ricerca sulla genomica è nel dna di Fem. Per qualcuno che se ne va, altri arriveranno, se c'è un interesse strategico, e credo che la riorganizzazione del Cri (Centro ricerca della Fem, ndr) vada in questa direzione. Il nostro documento serve a dare più forza a Fem, che da quarant'anni lavora nella selezione clonale dei vitigni».
Voi parlate di ricerca per le varietà tipiche del territorio. Intanto, però, la Provincia sostiene il progetto Chardonnay Plus...
«Si parte da lì, è una buona base di partenza per sviluppare tutto il resto: non vorremmo, un domani, essere costretti ad importare cloni di Chardonnay dalla Francia».
Il genome editing è però considerato tecnica Ogm.
«Solo in Europa. Non è così in Cile, Argentina, Stati Uniti, Australia. Non è una tecnologia Ogm, è solo un problema di equiparazione normativa. Ma le leggi si possono cambiare. Per questo è importante la mobilitazione di produttori. La partita si gioca a Roma e soprattutto a Bruxelles».