Prestito per sposarsi, applicato tasso del 25%
Si erano rivolti ad una società finanziaria per avere un piccolo prestito per pagare le spese per il matrimonio della figlia e donarle qualche elettrodomestico.
Dopo aver pagato buona parte delle rate di restituzione del prestito, i genitori della sposa, a causa di impreviste difficoltà, hanno smesso di rimborsare le rate mensili. Anni dopo sono stati raggiunti da un decreto ingiuntivo in cui veniva richiesto loro il pagamento di 3.108 euro. Questo perché la società finanziaria aveva applicato interessi di mora esorbitanti. La situazione per la coppia di risparmiatori alla fine si è risolta per via giudiziaria. Assistiti dall’avvocato Claudio Tasin, padre e madre della sposa hanno ottenuto la revoca del decreto ingiuntivo impugnato. Alla finanziaria - che dovrà pagare un migliaio di euro per spese di lite, più 639 per la perizia d’ufficio - dovranno essere corrisposti solo 531 euro.
La vicenda merita di essere raccontata perché sia da monito per chi, talvolta con eccessiva leggerezza e senza badare troppo agli interessi applicati, sottoscrive finanziamenti. Le proposte di società che offrono anche poche migliaia di euro abbondano. In vista del matrimonio, la famiglia di Pergine nel luglio del 2007 sottoscrisse un contratto di finanziamento. L’agente della società finanziaria venne in casa per fare firmare la documentazione: il prestito di 3.000 euro doveva essere restituito in 48 rate di 95,70 euro mensili. Il matrimonio venne dunque celebrato e con il piccolo prestito vennero acquistati anche degli elettrodomestici per gli sposi. Ogni mese i genitori andavano alla Posta a pagare il bollettino inviato dalla finanziaria. Tutto filò liscio fino al giugno del 2009 quando venne pagata la 28esima rata. In seguito la famiglia, per problemi economici, smise di rimborsare il prestito. A quella data i risparmiatori avevano versato alla finanziaria in totale 2.679 euro di cui 1.458 a titolo di capitale e 1.098 a titolo di interessi corrispettivi, 56 euro per spese di incasso dei bollettini e infine 67 euro per spese assicurative.
La reazione della finanziaria, ora in liquidazione, è stata lenta ma inesorabile. La somma pretesa dalla società inizialmente era addirittura di 4.075 euro comprensiva di interessi di mora, penali e spese legate alla risoluzione del contratto. La cifra è poi stata ridotta a 3.108 euro richiesti nel luglio dell’anno scorso con decreto ingiuntivo esecutivo, dunque con possibilità di immediato pignoramento.
Possiamo immaginare lo sconcerto della famiglia di fronte ad un conto di quelle dimensioni. I risparmiatori si sono rivolti all’avvocato Tasin che ha presentato opposizione al decreto ingiuntivo contestando gli importi pretesi perché infondati. Il giudice Alberto Bertolini ha disposto una perizia che ha dato risultati per certi aspetti sorprendenti. Dai calcoli del commercialista incaricato di far luce sulla vicenda è emerso che la finanziaria aveva applicato un Taeg del 25,279% (cioè il tasso realmente pagato comprensivo delle spese), superiore al pur «salato» Taeg del 21,95% indicato dal contratto. Inoltre il tasso praticato era superiore al tasso soglia pro tempore e questo, prevede l’articolo 1815 del Codice civile, comporta l’azzeramento degli interessi corrispettivi. Di conseguenza il debito residuo ammonta a soli 531,64 euro. Questa volta Davide (la famiglia in difficoltà economiche) ha battuto Golia (la finanziaria).