Romina, uccisa a Londra a coltellate Ergastolo all'assassino
Aveva 32 anni Romina Kalaci quando chiuse gli occhi per sempre. Accadde un anno fa per mano di uno sconosciuto, a mille chilometri di distanza dai suoi genitori che vivono a Mezzolombardo, dal fratello, dai suoi amati nipoti, dalle tantissime persone che le volevano bene. Romina, nata in Albania, era molto conosciuta a Trento per aver lavorato al Caffè Randré di Largo Carducci. Si era trasferita da poco a Londra quando un giovane del Bangladesh si presentò alla porta di casa, in Fernhead Road, Westminster, e la uccise. Senza un perché. Una morte difficile da accettare per i familiari che, in costante contatto con gli investigatori londinesi, tennero il massimo riserbo sulla vicenda durante le delicate indagini. Ora che il cerchio si è chiuso e che l’autore dell’omicidio - reo confesso - è in carcere, mamma Lucia trova la forza di raccontare il dolore immenso per la perdita della figlia e l’angoscia di quei giorni trascorsi a Londra. «Romina non rispondeva al telefono. Ho avuto un sogno e sono subito partita per Londra» racconta. Oggi, 29 maggio, è il primo anniversario della scomparsa della giovane partita da Trento con tanti sogni da realizzare. «Romina mi era apparsa in sogno chiedendomi aiuto, mi diceva “vieni a prendermi, mi trovi a casa”. Sono andata a Londra e ho detto alla polizia di cercarla nel suo appartamento: l’hanno trovata lì, senza vita», racconta la mamma. La morte risaliva ad alcuni giorni prima.
«Uccisa per ferite multiple da arma da taglio»: questo il referto dell’esame autoptico. Gli investigatori si misero subito sulle tracce dell’omicida. Vennero analizzate le telecamere della zona in cui viveva Romina Kalaci, mentre nell’appartamento gli investigatori trovarono un coltello ed una lama rotta. Il 3 giugno 2017 la polizia fermò a Westminster un giovane del Bangladesh, incensurato: Noor Mohammad, 28 anni, senza fissa dimora, arrivato nel Regno Unito con un«visto studente» nel 2012. Sul suo cellulare venne trovato il numero della ragazza. Aveva una ferita sulla mano quando venne arrestato, inoltre nella sua abitazione la polizia trovò dei coltelli simili a quello rinvenuto a casa della vittima. Messo alle strette, Mohammad si dichiarò colpevole ma non subito: lasciò passare diversi mesi e solo alla vigilia del processo ammise le colpe. Il 27 ottobre 2017 venne giudicato responsabile della morte di Romina Kalaci e condannato al carcere a vita.
«Cucciola noi non ti abbiamo dimenticata... Una preghiera te la porteremo con tutta la gioia e la luce che abbiamo e che avevi tu! Sempre!» ha scritto una sua amica sulla pagina Facebook della giovane, il giorno dopo la sentenza. Gli amici la ricordano sempre sorridente, sempre pronta a scambiare quattro chiacchiere con tutti.
La famiglia della ragazza - mamma Lucia, papà Bashkim, il fratello Albano, la cognata Lorena e gli amatissimi nipoti Alessandro e Clarissa - si è ritrovata domenica scorsa al cimitero di Mezzolombardo, dove riposa Romina. Alla cerimonia hanno partecipato i parenti arrivati da tutta Italia. «Sono tantissime le persone che hanno voluto bene a mia figlia, molti gli amici ed i colleghi di lavoro che mi hanno contattato, che si ricordano di Romina sempre sorridente - spiega mamma Lucia, commossa - Sono tutti rimasti sconvolti dalla sua scomparsa».
Alla famiglia di Romina è giunto anche il pensiero della polizia di Londra. «Le azioni ed il rifiuto di Mohammad di ammettere la propria colpevolezza per molti mesi hanno causato alla famiglia Kalaci un grande dolore. Spero che i familiari possano avere un piccolo conforto dal sapere che questo uomo è chiamato a rispondere del crimine commesso» ha dichiarato il detective Justin Howick, responsabile della squadra omicidi e crimini maggiori.