Caccia, «norma illegittima» Stagione venatoria a rischio
Una questione di legittimità costituzionale mette un punto interrogativo sull'apertura regolare della caccia autunnale nella nostra provincia.
A pochi giorni dal via all'abbattimento del camoscio e ad un mese dalla partenza della caccia al capriolo ed al cervo, i giudici amministrativi intervengono in merito alla normativa che prevede per le doppiette trentine la possibilità di esercitare l'attività venatoria in forma vagante e da appostamento senza l'obbligo di una scelta. Nelle regioni a statuto ordinario, invece, il cacciatore è obbligato a decidere quale attività esercitare.
Il Tar di Trento, accogliendo la domanda cautelare presentata da Pan-Eppaa, Lipu, Wwf, Legambiente, nonché dal consigliere provinciale M5S Filippo Degasperi, sospende la delibera del Comitato faunistico della Provincia numero 711 del 23 aprile 2018 con le prescrizioni tecniche per l'esercizio della caccia nella stagione 2018-2019 nella parte in cui consente di esercitare cumulativamente le due modalità di esercizio della caccia.
Sono invece stati respinti gli altri quattro punti evidenziati nel ricorso, in merito all'esercizio dell'attività venatoria all'interno delle aree protette di interesse provinciale, alla durata dei periodi di caccia di selezione, agli orari di caccia ed all'omessa previsione di un carniere stagionale. Ora si attende la decisione della Consulta, che pende come una spada di Damocle sull'inizio della stagione di caccia autunnale: il Tar si riunirà per la discussione nel merito successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale.
L'ordinanza non scontenta i ricorrenti. L'eventuale obbligo di una scelta tra caccia in forma vagante e da appostamento comporterebbe una vera «rivoluzione» tra le doppiette trentine, con possibili ritardi nell'applicazione della nuova normativa che pregiudicherebbero la stagione venatoria. Tuttavia i cacciatori si dicono in parte soddisfatti per il mancato accoglimento da parte del Tar della maggior parte delle richieste avanzate dalle associazioni.
Riguardo all'esercizio della caccia all'interno delle aree protette di interesse provinciale (Adamello-Brenta e Paneveggio-Pale di San Martino), il Tar ritiene fondata l'eccezione sollevata sia dalla Provincia che dall'associazione cacciatori trentini, che si sono costituite in giudizio: l'attività di prelievo nei parchi viene disciplinata non da una delibera provinciale (e, in particolare, dal calendario venatorio), ma dalle previsioni dei piani faunistici di ciascun parco e delle rispettive delibere di approvazione.
La questione di legittimità costituzionale, sollevata nel ricorso, non risulta fondata neppure a riguardo alla durata dei periodi di caccia di selezione. Nell'ordinanza il Tar evidenzia che nella legge 248/2005 è contenuta la deroga «giustificata dalle ragioni di tutela del patrimonio faunistico» per i periodi di caccia fissati dalla legge 157/1992, deroga che comprende anche il periodo massimo di sessantuno giorni. Viene evidenziato che «l'assenza di profili di incostituzionalità» della legge 248 «anche in relazione all'allungamento del termine di 61 giorni costituisce un dato ormai acquisito nella giurisprudenza», come da sentenza del Consiglio di Stato.
Sull'omessa previsione di un carniere stagionale, specifica il Tar, la questione è infondata «sia perché tale previsione non ha fondamento legislativo, sia perché è previsto un carniere giornaliero ed il controllo del rispetto di tale limite giornaliero è reso agevole dall'obbligo di compilazione delle schede di abbattimento».