Gino Strada arriva a Trento «Basta odio per il diverso»
Gino Strada, 70 anni - «l’età comincia a farsi sentire», si schermisce lui - fondatore nel 1994, con un gruppo di amici, di Emergency, passa nove mesi all’estero, negli ospedali dell’associazione e tre mesi in Italia. Sarà a Trento il 7 e 8 settembre per l’Incontro nazionale di Emergency: una due giorni di approfondimenti sull’attualità ma anche di speranza e impegno.
Emergency è attiva anche in Italia. Dove siete in questo momento, chi curate e che Paese vedete dal vostro osservatorio particolare?
In Italia Emergency ha aperto numerosi ambulatori fissi e mobili in diverse città. Abbiamo iniziato 13 anni fa a Palermo e poi se ne sono aggiunti tanti altri. Oggi c’è una distribuzione sul territorio nazionale. L’idea originaria era di dare una mano a chi non ha accesso alle cure sanitarie sostanzialmente, pensando sì ai migranti, ma anche agli italiani che non possono permettersi le cure, visto che sono aumentati in un modo spaventoso. Oggi si parla di circa 11 milioni di persone in Italia che non riescono a procurarsi ciò che dovrebbero per ragioni economiche.
Quello che vedo è un grosso bisogno sociale, ma anche sacche di schiavitù impressionanti, soprattutto al Sud. E, purtroppo, vediamo una situazione generale nel nostro Pease, che non è solo del nostro Pease si badi bene, in cui si fanno strada ideologie che senza girarci troppo intorno sono razziste e fasciste. La sostanza è questa. Non c’è giorno in cui uno straniero, un migrante, non venga minacciato, bastonato o picchiato. In Italia era quasi sconosciuta qualche decennio fa questo tipo di violenza, non perché non ci fossero i migranti, ma perché le persone avevano una coscienza diversa e se succedeva che c’era un episodio di intolleranza razziale la cosa era uno scandalo per il Paese. Oggi abbiamo i Ministri che giustificano ed elogiano queste azioni. Io non so se esiste un altro Paese al mondo in cui un Ministro possa permettersi di dire che due capi di imputazione n più per lui sono medaglie. E’ una cosa profondamente e tragicamente eversiva.
Parliamo di sanità, come va in Italia? E se dovesse suggerire alla ministro una cosa migliorativa che le direbbe?
La sanità in Italia era una delle migliori del mondo fino a qualche decennio fa, poi è stata progressivamente smantellata, in primis dal centrosinistra e poi quando la strada è aperta è chiaro che ci si buttano tutti.
Semplicemente basterebbe eliminare il profitto dalla sanità, profitto che non ha nessun senso. E per profitto non parlo certo degli stipendi, ma intendo gente che guadagna in modo organizzato sulle sofferenze altrui.
La sanità privata secondo me se finanziata con soldi pubblici è un crimine. Se il privato, rispettando la legge lo fa, non ci vedo niente di male, ma devono farlo con i soldi loro, invece senza eccezioni tutte le strutture, dal piccolo laboratorio al grande ospedale privato, succhiano soldi al pubblico e lo lasciano poi povero di risorse.
Perché deve esserci una Sanità con un profitto quando lo stare bene è una cosa che fa bene a tutti noi?
L’articolo 11 della Costituzione dice che l’Italia ripudia la guerra, Emergency ne ha fatto la sua missione. Un governo nazionale o l’Europa, cosa dovrebbe fare per ripudiarla concretamente?
Il problema io lo trovo molto semplice. L’Italia ripudia la guerra è una cosa bellissima, purtroppo però sono i governi italiani a non ripudire la guerra. Perché partecipano tutti, proprio tutti i governi ci portano in guerra. Cosa fare? Semplice, primo a casa tutti i soldati che sono in giro in missioni all’estero, non c’è nessuna ragione per mandarli. Li mandiamo a partecipare alle missioni militari perché i nostri governi sono sottomessi nei confronti degli Stati Uniti e così facendo ce ne freghiamo della Costituzione. Quando si hanno governi che agiscono contro la Costituzione non siamo più in un Paese democratico e l’Italia, in effetti e purtroppo, non è più un paese democratico.
Altra cosa che potrebbero fare è tagliare drasticamente le spese militari: a cosa servono le armi, da chi dobbiamo difenderci, chi ci sta minacciando? Abbiamo paura che la Svizzera ci invada a barre di Toblerone? Però questi temi non vengono nemmeno affrontati. Non c’è nessun impegno a promuovere azioni alternative alla guerra.
Alla ribalta delle cronache sono spesso i campi in Libia, li ha visti?
Con Emergency non siamo in Libia in questo momento, ma ci siamo stati due anni prima che la Libia diventasse argomento di interesse della politica internazionale. È un paese dove la negazione dei diritti umani, la repressione, la tortura sono all’ordine del giorno, situazione ben diversa da tutte le bufale che racconta la politica, sia quella di Minniti che quella di Salvini, che sono diverse nelle modalità ma analoghe nel loro effetto pratico.
E l’Afghanistan, sul quale è sceso il silenzio, cosa sta succedendo?
L’Afghanistan non interessa più: dopo aver raccontato bugie per quindici anni, che noi eravamo là a portare la pace, poi si è capito che la bufala non reggeva più e abbiamo capito che siamo là a fare la guerra. Ma a chi e per conto di chi, non lo sappiamo, anche se gli italiani sono il terzo contingente straniero in Afghanistan. Una presenza significativa che è costata al Paese decine e decine di milioni di euro, da una parte abbiamo un Paese che non ha posti di lavoro e dall’altra buttiamo milioni in operazioni militari.
L’Afghanistan per Emergency è il programma più grosso: abbiamo diversi ospedali e tantissimi posti di pronto soccorso e sanità primaria nel Paese.
Emergency è nata nel 1994, siete andati in Ruanda, poi sui teatri di guerra di mezzo mondo. Cosa è cambiato da allora?
È cambiato che le guerre si sono intensificate, sono diventate spesso anche conflitti internazionali e non solo interni. È cambiata la violenza di queste guerre perché gli armamenti sono sempre più potenti e più numerosi.
C’è un disinteresse totale per le condizioni della popolazione: quando ero in Afghanistan a fine anni ‘80 inizio anni ‘90 un ferito era un ferito, nessuno lo toccava, oggi per essere trasportato in un ospedale ha bisogno dell’ok delle forze militari che ci sono lì che di solito preferiscono prima interrogarlo, capire da che parte sta e poi magari si porta anche all’ospedale. Si ammazzano le persone così.
Sono 9 milioni le persone curate, ad oggi, negli ospedali, nei centri sanitari e nei poliambulatori di Emergency. Gratuitamente e con una medicina di altissima qualità. Nonostante una storia di successo, ha qualche rammarico?
Mi pento di non aver fatto di più, ma è un problema non di volontà e neanche in fondo di errori, è un problema di risorse disponibili.
Ci piacerebbe poter fare molto di più, per esempio vorremmo poter avere i soldi per acquistare una nave e andare in mare a salvare le persone, come abbiamo fatto in passato. Per noi i costi in questo momento sono proibitivi. È un peccato.
Verso una nuova Resistenza è il titolo dell’incontro di sabato, a Trento. Qual è la nuova Resistenza e contro chi o che cosa?
Resistere a questo fascismo che sta divorando il Paese. E non mi riferisco alle camicie nere, poi può succedere anche questo in Italia, solo i cretini non vedono questo pericolo oggi reale.
Su questo fascismo che è sostanzialmente odio verso il diverso: un odio che guarda sempre al basso e mai in alto, perché bisogna sempre leccare il culo ai potenti e dare la colpa ai poveracci come se la crisi in cui versa l’Italia fosse colpa dei migranti o dei mendicanti e non degli speculatori. La logica dell’odio è che bisogna sempre trovare un nemico, ma questo nemico deve sempre essere sotto, mai che si punti il dito contro chi causa le tragedie che vediamo.
Resistenza vuol dire Resistenza a queste cose, cercare di non arrendersi a quest’ondata di odio e volgarità di cui Salvini è solo un esempio, uno piccolo ma che fa bene il suo mestiere di seminare odio.
Come Resistere?
Col voto, col prendere posizione, con il parlare, il non arrendersi. Si può fare in tanti modi ma bisogna reagire, non si può stare qui a tollerare questi bulli di periferia che hanno solo voglia di menare le mani, e ce ne sono tanti in giro.