30 imprese a caccia dell'appalto del Not Aziende trentine in tutte le cordate
Il Nuovo ospedale del Trentino rappresenta una «opportunità importante per le aziende trentina. È importante che il lavoro riparta. Speriamo sia la volta buona». Giulio Misconel, leader delle aziende edili trentine, e con la propria azienda parte di una delle quattro cordate che potranno presentare un’offerta per la gara da 1,64 miliardi di euro, sottolinea la forte attesa che c’è sull’appalto dell’ospedale trentino.
«Noi assieme alla cordata guidata da Cmb e in cui è presente anche Collini valuteremo le cose con attenzione, ma come rappresentante degli edili trentino dico che la provincia può diventare come l’Alto Adige punto di riferimento per l’edilizia locale. La cosa positiva è che in tutte le cordate c’è la presenza trentina» quindi comunque vada l’appalto una quota di lavori rimarrà in provincia. «Speriamo che non ci siano altri ricorsi, che tutto vada liscio e venga aggiudicato senza strascichi giudiziari» conclude Misconel.
L’appalto secondo le stime del settore solo per la costruzione dell’ospedale (circa 3 anni e mezzo di lavoro ovvero 1.300 giorni complessivi) si darà lavoro a 200 persone. Ma la parte che maggiormente interessa le aziende che sono interessate ai servizi e alla manutenzione è quella relativa ai 25 anni di gestione della struttura con un’erogazione a base d’asta di 60 milioni di euro annui per il prossimo quarto di secolo.
Come detto ad attendere l’appalto ci sono tante aziende trentine, quasi trenta quelle direttamente coinvolte come soci nei raggruppamenti di impresa con la mandante che dovrà superare la verifica dei requisiti per poter partecipare con la presentazione del nuovo progetto.
Nel nuovo bando, poi, sono state inserite delle clausola a maggior garanzia del committente, ovvero la Provincia e l’Azienda sanitaria. Le imprese devono garantire sia in fase di costruzione e di gestione dando delle fideiussioni che in caso di problemi verranno escusse immediatamente a tutela di chi ha concesso l’appalto.
Tra l’altro, poi, la gara prevede che si aggiudicherà anche se ci sarà un solo progetto presentato. Lo stesso dovrà essere rielaborato rispetto a quello presentato per il bando del 2011. Se tutte e quattro le cordate saranno riammesse (resta da capire ad esempio che tipo di caratteristiche ha mantenuto la Cogemantovani dopo la fusione, mentre c’è sullo sfondo la questione Astaldi che potrebbe essere acquisita da Impregilo-Salini) saranno circa trenta le aziende trentine in corsa.
Socie della cordata Impregilo erano ad esempio il Consorzio Sst (che contempla Gpi, Edison facility solutions che aveva rilevato via Energom la Pvb solutions, Ams, Famas System) e Miorelli attivo nel settore delle pulizie. C’era poi un impegno di coinvolgere successivamente aziende come Giacca o Libardoni, Mak Costruzioni di Lavis, Fratelli Gadotti, Hollaender e la ex Bertolini di Rovereto.
La Cmb all’epoca aveva accordi con 17 aziende trentine, tra cui Grisenti, Misconel e Collini. Per la Mantovani, ora Cogemantovani, l’azienda trentina in corsa era Unifarm di Ravina, mentre la Pizzarotti era alleata con il gruppo Cristoforetti. Per questo gruppo occorrerà verificare la situazione di Astaldi.
I progetti potranno essere presentati entro il 20 febbraio prossimo, mentre dopo il Not, la cui gara dovrebbe concludersi entro l’agosto prossimo per poi avere altri 3-4 anni di cantiere, sarà la volta di altri appalti, divisi in sei lotti, che potranno assegnare almeno 70-80 milioni di euro a chi se li aggiudicherà.
In particolare ci saranno da assegnare i 42 milioni di euro a base d’asta per rifare la viabilità che porta al futuro ospedale, ma anche alcuni milioni per spostare Trentino Emergenza e la Centrale unica di emergenza nell’area al Desert oltre alla scuola infermieri, che lascerà così l’ex Cte, la zona cioè che si trova tra il Muse e la finestra sull’Adige.
Critico sulla gara in project financing Roberto De Laurentis candidato presidente di Tre: «Un problema sarà lo stato nel quale verrà restituita alla comunità trentina la struttura allo scadere del contratto. È possibile infatti che l’efficienza e la corretta gestione della struttura vadano scemando, soprattutto negli ultimi anni, quando si presume che il gestore sia sempre meno motivato ad investire su un bene che è destinato ad essere restituito alla comunità».