Alberi a terra: distrutto patrimonio di 30 anni Per il ripristino serviranno decenni
Il maltempo che si è abbattuto sulla nostra provincia ha lasciato ferite profonde sul territorio. Ferite che richiederanno decenni per essere rimarginate. Con effetti pesanti sia in termini economici che ambientali.
La misura del disastro lasciato in molte valli è tutta nelle parole di Alberto Felicetti, regolano della Regola feudale di Predazzo: «Sono trent’anni di patrimonio distrutto» sospira, ancora incapace di credere a quello che hanno visto i sui occhi: «Oltre ogni immaginazione».
In tutto il Trentino si stima che siano caduti un milione e mezzo di metri cubi di alberi. Oltre la metà - circa 600mila metri cubi - hanno interessato il distretto forestale di Cavalese, che comprende Fiemme e Fassa. «Noi abbiamo oltre 100 mila metri cubi a terra - evidenzia Felicetti - Questa è una prima stima della guardia forestale. Considerato che noi abbiamo una ricrescita annua da potere tagliare di 3000 metri cubi, sono 30 anni di ricrescita. È un dramma».
E anche capire come fare fronte ad un evento di questa portata non è facile. «Martedì faremo una riunione urgente - spiega - Una volta che il legno è per terra si deve cercare di intervenire il prima possibile, perché altrimenti diventa inutilizzabile. Ma si tratta di una situazione talmente straordinaria, che si deve ragionare in termini di filiera: da chi vende, a chi lavora il legno. Ci sono piante sradicate che possono essere ancora utilizzate, mentre quelle spezzate commercialmente valgono poco, possono diventare cippato - spiega - o legna da ardere. Si devono trovare piazzali per lo stoccaggio e compagnie disponibili. Anche potendo recuperare tutto, si tratta di lavori che richiedono due o tre anni».
Alla devastazione che ha colpito il bosco si aggiunge quella delle strade forestali. «Abbiamo oltre 40 chilometri di strade forestali, un valore costruito negli anni e ora non sappiamo nemmeno in che condizioni sono, perché abbiamo visto solo una decina di chilometri».
Il piano di gestione decennale è stato cancellato. Si è arrivati ad una sorta di punto «zero». Ci sarà un prima e un dopo quanto accaduto. «Si è schiantata la ricrescita di 30 anni - sottolinea - l parametri di gestione seguiti fini ad adesso non esistono più. Noi avevamo la revisione del piano decennale: dovevamo tagliare 30mila metri cubi e ne abbiamo a terra adesso 100 mila. Questa è la dimensione del problema e richiede strumenti straordinari».
E la devastazione dei boschi rischia di costare cara anche in termini di tenuta del territorio: «Non avere più gli alberi significa avere problemi di valanghe, di frane. Non abbiamo più filtro né assorbimento di acqua. È davvero un dramma».
PER IL RIPRISTINO SERVIRANNO DECENNI
«In un anno nei boschi trentini si tagliano mediamente 500mila metri cubi di legname. In questi giorni sono caduti alberi per un milione e mezzo di metri cubi».
Bastano le parole del dirigente del Servizio foreste e fauna della Provincia Maurizio Zanin per rendere l’idea della portata catastrofica dei danni che l’ondata di maltempo ha arrecato al patrimonio ambientale trentino.
Ci vorranno decenni per ripristinare il patrimonio boschivo, ma prima si dovrà fare i conti con le conseguenze di questo disastro: per la tenuta idrogeologica del territorio in primis, ma anche per la rimozione e gestione (cioé commercializzazione) del legname: «L’immissione sul mercato di quantità del genere non solo di prodotti di prim’ordine, ma anche di cippato, frutto della lavorazione ad esempio dei rami, non potrà che portare al rischio di squilibri dal punto di vista del comparto del legno».
La Provincia manterrà attivo fin da subito - «un primo incontro c’è già stato mercoledì», spiega Zanin - ed ha coinvolto oltre ai proprietari (per il 75% del territorio boschivo si tratta di Comuni e Asuc), anche operatori del settore ed artigiani, che avranno un ruolo primario nei lavori di pulizia delle aree colpite. Dopo aver sistemato la rete delle strade forestali (con circa 400 km interessati da cedimenti o danni, si è stimato in queste ore) Ma questa sarà solo una seconda fase del lavoro da fare, perché prima sarà necessario avere a disposizione dati precisi sulla situazione, una mappa accurata e georeferenziata: le rilevazioni anche tramite satellite sono già in corso».
Poi arriverà la fase del ripristino: «Sono cadute piante di 200 anni e più, si parla di decenni e decenni che dovranno trascorrere per avere un pieno ripristino accettabile. Poi si valuterà caso per caso: si punterà sulla rinnovazione naturale che è sempre la via preferibile, ma laddove necessario, come ad esempio per ripristinare pendii franosi vicini a zone abitate dove le piante sono necessarie per garantire stabilità, si procederà a reimpianti mirati, che tuttavia richiederanno tempo, perché anche impiantando un larice di tre anni, servono decenni perché la pianta cresca e le radici scendano in profondità. Una azione fisica di salvaguardia, laddove possibile per la presenza di piante non sradicate ma rotte, sarà senza dubbio quella di mantenere la base del tronco, all’incirca un metro di fusto, in modo che questa, assieme alle radici, possano mantenere la loro azione di freno di movimenti del terreno e di tenuta della neve in inverno».