La prorettrice Poggio contro Cia: «Sì, al Pride c'ero anch'io»
La prorettrice dell’Università di Trento Barbara Poggio non ci sta. Dopo le «indagini» del consigliere Claudio Cia sulle pagine Facebook delle educatrici (peraltro idea suggerita dal leghista Binelli), che ha scandagliato il loro privato portando numerosi «capi d’accusa» come l’aver partecipato al Dolomiti Pride, la professoressa dell’Università ha pubblicato su Facebook una vera e propria «confessione». Corredata da una immagine significativa: una donna marchiata a fuoco con la lettera A, citazione dalla «Lettera scarlatta» di Hawthorne, autore americano, sulla vicenda delle donne marchiate a fuoco perché considerate «adultere» o «ribelli» se erano ragazze madri che non volevano rivelare il nome del padre.
Poggio si rivolge dunque alla rete: «Ci ho pensato a lungo, dopo aver letto la denuncia del Consigliere Inquisitore Antigender (CIA) sul pericolo che tra le formatrici dei corsi di educazione alla relazione di genere si annidino pericolose attiviste. Una di loro infatti è stata tra i diecimila trentini che hanno partecipato al Dolomiti Pride, un’altra rientra tra il 44% di italiani favorevoli allo Ius Soli e una terza ha addirittura espresso il suo entusiasmo per la nazionale italiana di volley femminile (ahimè, in questo caso non si dispone di dati sulla condivisione dell’entusiasmo, ma si sa che più di 6 milioni di italiani le hanno seguite col fiato sospeso nella finale dei mondiali).
E dunque eccomi qui, pronta all’autodenuncia. Lo ammetto, al Dolomiti Pride c’ero anch’io, circolano foto in cui mi si intravede dopo il gruppo di genitori dell’Agedo e prima degli Scout. Anche io, inoltre, potendo scegliere, avrei sostenuto il diritto di bambini nati in questo paese da genitori che vi risiedono da anni ad avere la cittadinanza italiana. E sì, confesso, non solo ho seguito la finale dei mondiali femminili, ma anche le partite precedenti. E ogni volta ho gioito per questa straordinaria squadra di ragazze, bellissimo esempio di come la diversità possa rappresentare un fattore vincente.
Ma non finisce qui - scrive la professoressa Poggio - c’è di più, e ora è venuto il momento di svelarlo. Ho dedicato molto del mio lavoro di studio e ricerca ai temi dell’inclusione e delle pari opportunità, occupandomi di differenze di genere, generazione, etniche, religiose e finanche di orientamento sessuale. Ho coordinato iniziative di inclusione per studenti rifugiati in università e nel mio tempo libero ho persino fatto esperienze di volontariato con persone disabili. E ho pure avuto contatti con il mondo politico: ad esempio ho partecipato ai lavori della Consulta Trentina per l’Autonomia, in rappresentanza di quelle pericolose incubatrici di attivismo che sono le associazioni culturali. Tra le persone che frequento alcune sono non trentine, altre addirittura non italiane, alcune sono diabetiche, altre (sempre di più) presbiti, altre omosessuali, molte fanno volontariato (talvolta anche con le temibili ONG), alcune hanno la pelle scura, altre ce l’hanno gialla, ho persino un amico albino e una figlia celiaca. Tra le mie conoscenze ci sono alcuni uomini che cucinano e alcuni che sanno cucire e ci sono anche donne che giocano a rugby e sanno riparare motori. Alle mie figlie ho letto libri di Bianca Pitzorno, Daniel Pennac, Mari-Aude Murail e persino uno di Anna Frank. E a loro ho preferito regalare giochi scientifici e di azione, piuttosto che bambole. Ai miei studenti parlo di temi sovversivi come l’equità di genere e il rispetto delle diversità, contribuendo a diffondere la pericolosa consapevolezza che le discriminazioni e gli abusi non rappresentino un destino naturale. E la cosa peggiore è che non sono neppure contrita e persisto nel peccato.
Vorrei quindi dire al Consigliere Inquisitore Antigender che può prendere questo post e metterlo in bella vista su qualche testata compiacente, denunciando lo scandalo per la pericolosa influenza che le mie attività e le mie frequentazioni possono avere per il futuro del microcosmo trentino e per la più generale deriva dell’umanità, in considerazione dei ruoli e delle responsabilità pubbliche che ho ricoperto finora. Mi presto volentieri a questo sacrificio se può servire a placare il suo demone interiore, ma chiedo che in cambio siano risparmiate dal livore inquisitorio e dall’apposizione di lettere scarlatte le legittime espressioni di passione ed entusiasmo civile di un gruppo di formatrici, che con professionalità e competenza lavorano per promuovere tra le generazioni più giovani l’educazione all’equità e al rispetto nelle relazioni».