Trentini in lite con il fisco Cause per quasi 55 milioni
Condoni fiscali (nascosti sotto le sembianze della «pace fiscale») che rappresentano la resa dello Stato; norme di sospetta costituzionalità, che introducono regimi fiscali, come la flat tax, riservata solo a partite iva e professionisti. Sono alcuni dei temi «caldi» toccati dal presidente della Commissione tributaria di 2° grado di Trento, Corrado Pascucci, nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario della giustizia tributaria. Giustizia che in Trentino funziona in tempi ragionevoli nonostante le scoperture negli organici dei magistrati. C’è da segnalare anzi una riduzione del contenzioso (nel 2018 i ricorsi sono stati 322 contro i 403 del 2017), ma anche la crescita del valore complessivo delle cause (si sfiorano i 55 milioni di euro). I dati delle sentenza confermano un trend consolidato in Trentino: la percentuale di vittoria del contribuente è del 37% contro il 63% dell’amministrazione.
IL PAESE DEI CONDONI
«Tramite i condoni e le cosiddette paci fiscali - ha detto Pascucci - (quest’ultime, niente altro con un diversivo o, se si vuole, una variazione puramente semantica del tema principale dato da sanatorie, tagli, sconti, agevolazioni) sembra che il legislatore ritenga in ultima analisi inutile o inopportuno o indifferente che il giudice adempia al suo compito istituzionale». Lo Stato così «abdica alla sua funzione giurisdizionale di accertamento del vero e del giusto secondo diritto».
CONTRIBUENTI DISEGUALI
L’articolo 3 della Costituzione sancisce che «tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge». Nell’ordinamento tributario questo significa che a fronte di due contribuenti che hanno redditi uguali la legge deve imporre il pagamento delle medesime imposte. Pascucci si chiede se «sia conforme a questo principio di rango costituzionale la recente normativa fiscale che opera a favore di una categoria specifica di cittadini (partite iva e professionisti) stabilendo che solo a loro favore, fino ad un certo reddito, si applica una tassa piatta». Un esempio concreto: un lavoratore dipendente che percepisca 65 mila euro l’anno pagherà un’imposta di circa 12mila euro in più del professionista o titolare di partita iva.
COMMISSIONI «PROMOSSE»
Pascucci definisce «soddisfacenti» i risultati per quanto riguarda la tempestività delle decisioni e il rapporto tra flussi di entrata dei procedimenti e loro definizione «nonostante la scopertura delle piante organiche (nel caso della Commissione di 1° grado, tre su 12 giudici, nella Commissione di 2° grado addirittura il 50%»).
I NUMERI
Le controversie pendenti davanti alla Commissione tributaria di 1° grado a fine 2017 erano 916. Nel 2018 sono stati presentati 322 ricorsi (l’anno precedente erano stati 403). «Si tratta - ha spiegato Pascucci - di una diminuzione significativa, con un dato che rappresenta il minimo storico degli ultimi decenni e che trova in parte la sua giustificazione nelle opportunità di definizione agevolata delle pendenze fiscali oltre che nella difficile situazione economica». Nel corso del 2018 sono stati definiti 420 procedimenti con giacenza a fine anno di 818 fascicoli. Alla Commissione tributaria di 2° grado sono pervenuti nel 2018 92 ricorsi e ne sono stati definiti 112 con una pendenza di 159.
ESTERO VESTIZIONI
Il contenzioso ha riguardato pressoché tutti i tributi a partire da Irpef, Ires e Iva. Si segnala «un sensibile incremento dei ricorsi aventi per oggetto imposte comunali che stanno assumendo sempre maggior peso nelle entrate degli enti locali». Un filone particolare del contenzioso è quello delle «estero vestizioni» e «contestazione di fatture inesistenti».