Quarantamila manifestanti a Verona Più di 600 i trentini a sfilare contro il «Festival della famiglia»
Sui numeri c’è stato il consueto “balletto”, tra il massimo degli organizzatori, che hanno annunciato 100 mila presenza, e le forze dell’ordine, che sono arrivate a una stima massima di 40 mila. Ma il corteo «transfemminista» che ieri a Verona è stato il clou delle iniziative contro il Congresso mondiale della famiglia, ha riscosso un successo al di sopra di ogni aspettativa.
Una fiumana con prevalente colore rosa ha attraversato nel pomeriggio la città scaligera, dal piazzale della stazione di Porta Nuova allo scalo ferroviario di Porta Vescovo, per un totale di tre chilometri e mezzo, esaurendosi solo a sera.
A lanciare l’iniziativa era stato il collettivo femminista locale aderente alla rete “Non una di meno”, già fattosi notare per una clamorosa protesta quando in Consiglio comunale si votò un ordine del giorno contro la legge 194. Allora le attiviste si vestirono come le “ancelle” del romanzo della Atwood e della serie tv distopica «Handmaid’s tale», dove le donne fertili vengono sfruttate come macchine da riproduzione.
Un tema, il rifiuto della donna come mero “angelo del focolare”, rilanciato con forza a Verona, in una serie di incontri, conferenze e spettacoli, e che ha richiamato in strada oggi pomeriggio migliaia di persone da tutta Italia. Foltissima la rappresentanza dal Trentino, con almeno 600 persone scese a Verona per manifestare.
Il preludio in mattinata, nel piccolo teatro K2 che a malapena contiene 300 persone, e che ha costretto molti ad assistere all’aperto a un dibattito con voci della sinistra, tra cui Livia Turco, Laura Boldrini e Monica Cirinnà. L’ex ministro del welfare ha ringraziato le donne di Verona «per ribadire la volontà di libertà femminile che non è libero arbitrio, è la rivendicazione della differenza dei nostri corpi», riconoscendo «la fatica di un percorso che tante donne hanno fatto. Troppe volte la politica non ce lo ha riconosciuto».
L’ex presidente della Camera ha posto l’accento su «un’altra idea di società, e per noi tutti devono essere rispettati, non devono esistere discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e di genere». Cirinnà ha infine invitato a «resistere per esistere. Con questo governo si tenta di cancellare ogni diritto e i diritti sono l’esistenza delle persone, siano donne, eterosessuali, trans, persone di tutti i tipi e tutti gli orientamenti sessuali». Poi dalla sala si è formato un corteo che si è recato al vicino ponte di Castelvecchio, dove è stato messo in scena un flash mob sulle note della canzone «Viva la libertà» di Jovanotti, mentre le donne alzavano le mani protette da guanti gialli da cucina.
Per il corteo pomeridiano - che ha visto la partecipazione del segretario Cgil Maurizio Landini, di Susanna Camusso, e di Ivana Veronese, della Uil, oltre che di esponenti del Pd come Emanuele Fiano e di Leu come Nicola Fratoianni - le forze dell’ordine avevano predisposto un piano di sicurezza «blindando» l’area di piazza Bra e palazzo della Gran Guardia. E il punto di maggiore tensione è avvenuto quando il corteo ha “sfiorato” piazza Bra, con vista sulla sede del Wcf. Da lì sono partiti cori e slogan in particolare contro il vicepremier Salvini, in quei momenti in arrivo al congresso. Dietro il cordone di sicurezza, qualcuno ha anche indirizzato un saluto fascista ai manifestanti, venendo però dissuaso dalla polizia.
È stato l’unico momento di tensione in una kermesse che ha invaso letteralmente la città scaligera in modo pacifico e rumoroso.
Al convegno Salvini ha usato toni concilianti, ma è stata clamorosa la sua risposta all’altro vice - Luigi Di Maio - che aveva detto che a Verona ci sono al convegno «quattro sfigati». Per Salvini «A qualche collega distratto di governo che pensa che qui dentro si guardi indietro dico che qui si prepara il futuro e se questo significa essere sfigato», allora «sono orgoglioso di essere sfigato». Lo ha detto riferendosi alle parole del vicepremier Luigi Di Maio che aveva bollato come sfigati i partecipanti al Congresso. E Di Maio in serata ha replicato altrettanto duro: «Mi faccia dire che trovo stucchevole questa rincorsa a strumentalizzare la famiglia. A Verona c’è questo grido a quella tradizionale, dall’altro fronte c’è un altro grido a quella arcobaleno. Ma perchè non si riesce a parlare di famiglia senza farci politica sopra? Forse sarò un pò conservatore ma pensiamo ad aiutarle le famiglie, pensiamo a dare incentivi alle giovani coppie, agli sgravi fiscali alle famiglie monoreddito con più figli a carico, ad aiutare le mamme a conciliare tempi di vita e di lavoro. Dobbiamo introdurre il modello francese, lavorare affinchè gli italiani siano messi in condizione di fare più figli, non fare campagna elettorale su chi è in difficoltà. La politica ha un altro compito: deve risolvere i problemi, non crearli» ha dichiarato Di Maio al Corriere.
Ma nel governo il convegno di Verona ha lasciato molte crepe. «Io a Verona non sarei mai andato nè come Alfonso Bonafede privato cittadino nè come uomo delle istituzioni. Il nostro Paese ha bisogno di un segnale forte: la donna ha un ruolo fondamentale e imprescindibile» ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede (5 Stelle), parlando del Congresso di Verona. «Quantomeno quel congresso è in controtendenza - ha detto - stanotte mettiamo un’ora avanti l’orologio, loro lo hanno messo di qualche secolo indietro».
Per il Trentino sono scesi al convegno (ma «in forma privata») anche il presidente Maurizio Fugatti e l’assessore Segnana, presente anche la parlamentare trentina Vanessa Cattoi.
Intervenendo ai lavori, il governatore trentino ha innanzitutto sostenuto la necessità di sviluppare politiche per la natalità: «Una società che non fa figli è una società che non ha futuro» - ma ha toccato anche l’argomento, da settimane al centro del confronto politico e sociale in Trentino, dei corsi alle relazioni di genere. «Abbiamo sospeso i corsi - ha spiegato a Verona il presidente della Provincia autonoma di Trento - perchè apparivano poco chiari nelle finalità e nei contenuti. Nulla da dire se nelle scuole si educano i ragazzi e le ragazze contro il bullismo, ma nessuno spazio per progetti educativi che non hanno finalità chiare in ambito sessuale», ha detto Fugatti a Verona.
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