Omicidio volontario: Mulas condannato a dieci anni per aver accoltellato l'amico
Dieci anni di reclusione per omicidio volontario. È una pena che certo non dispiace alla difesa - l’accusa, invece, di anni ne aveva chiesti 14 - quella inflitta ieri dal giudice Enrico Borrelli a Salvatore Roberto Mulas (nella foto), il 57enne in carcere dal 25 marzo dell’anno scorso per aver accoltellato a morte Andrea Cozzatti di Vezzano. Ma la pena, va sottolineato, è perfettamente in linea con il codice penale. L’imputato, infatti, ha beneficiato di un doppio sconto di pena: per il rito abbreviato scelto dal suo avvocato, Stefano Daldoss, e per le attenuanti generiche riconosciute all’imputato nonostante un’accusa pesante, anzi terribile come quella di aver ucciso, volontariamente, un altro essere umano.
In attesa delle motivazioni della sentenza, possiamo solo immaginare perché sono state concesse le attenuanti ed esclusa la recidiva: l’odierno imputato ha avuto un comportamento sempre lineare, improntato alla resipiscenza. Al culmine di un litigio, dopo aver inferto un’unica coltellata tra le scapole di Cozzatti, Mulas corse in strada ed entrò in una pizzeria al taglio chiedendo l’intervento di una ambulanza. Non tentò di fuggire ma anzi aiutò gli investigatori della Squadra mobile a recuperare, in un cassetto della cucina, l’arma bianca utilizzata per uccidere. Inoltre raccontò che in casa, nel momento della collutazione, c’era anche una terza persona che poi estrasse il coltello dalle spalle di Conzatti, dettaglio non certo secondario poi confermato dalle indagini. Da allora in carcere, a Trento, il detenuto ha sempre avuto una condotta corretta: lavora e si è tenuto fuori dalla rivolta del dicembre scorso che ha messo a ferro e fuoco il penitenziario.
Mulas ha anche scritto ai familiari del povero Cozzatti. «Non so se riuscirò mai ad avere la forza di spedirvi questa lettera - è il senso delle sue parole - Tutti i giorni mi accompagna il tormento per quanto accaduto e per il dolore che vi ho causato. Ogni volta che chiudo gli occhi mi perseguita l’immagine di quanto è successo quel giorno. Se potessi tornerei indietro per cancellare quegli attimi terribili». E conclude chiedendo perdono ai familiari della vittima: «Non avrei mai voluto né immaginato una tragedia di questo genere».
Mulas non ha mai negato la paternità della coltellata letale, ma ha sempre detto di aver agito per paura, senza volontà di uccidere. Secondo la difesa, la coltellata finale era stata solo l’ultimo atto di un dramma iniziato prima, quando Cozzatti ruppe una bottiglia in testa a Mulas. Il conflitto poi proseguì a casa del sardo, al civico 22 di via Maccani, dove si consumò la tragedia.
Il procedimento penale non si chiuderà con la sentenza di ieri. È probabile che sia il pubblico ministero Marco Gallina, sia l’avvocato difensore Daldoss (non c’erano parti civili costituite) facciano appello.