La Sat e le mountain bike: «Occorre rispetto delle regole sui sentieri di montagna»
«Bici e pedoni sui sentieri, la convivenza è possibile, ma…» occorre il rispetto delle regole. È il messaggio di una lettera inviata dalla Sat centrale a tutti i frequentatori della montagna, dopo le ulteriori polemiche dei giorni scorsi, a seguito della morte di un biker a Punta Larici di Pregasina.
«Il nostro territorio montano ad alta vocazione turistica - dice la Sat - ha tratto e continua a trarre beneficio e benessere economico da chi percorre in lungo ed in largo le montagne e i fondovalle del Trentino. Lo sa bene la Sat, che ha la responsabilità della cura di circa 5.600 chilometri di sentieri sul territorio provinciale e che con l’attività in gran parte svolta dai suoi volontari contribuisce alla definizione e alla tutela di una rete sentieristica ben identificata, funzionale a uno sviluppo più armonioso dell’offerta turistica complessiva».
L’impegno della Sat: «La manutenzione sentieri è un lavoro impegnativo, faticoso che le sezioni e con i propri i volontari fanno con spirito di servizio e per un forte senso di appartenenza alla Sat: ogni anno circa 1.200 satini intervengono gratuitamente offrendo complessivamente più di 3.000 giornate di lavoro sul campo. È una piccola lotta quotidiana per ripulire i tracciati che si infrascano, ripararli da piccole frane e smottamenti, rifare o svuotare i deviatori, rinnovare i segnavia che sbiadiscono, sostituire materiali danneggiati per cause naturali, o perché si consumano per il solo passaggio degli escursionisti. Ma tutto ciò fa parte del gioco. A questo si possono aggiungere (e la “tempesta Vaia” lo ha drammaticamente dimostrato) eventi meteo improvvisi e devastanti».
Quando però i danni sono causa dell’uomo, siano essi escursionisti o ciclisti, allora il discorso è diverso: «riparare i danni al sentiero e al versante dovuti alle scorciatoie che creano gli escursionisti irrispettosi della natura e del lavoro di manutenzione del sentiero, sostituire tabelle rotte, o rubate per atti di vandalismo, è un impegno particolarmente gravoso e talvolta scoraggiante anche per i più volonterosi. Ed è ciò che purtroppo sta accadendo, quando sentieri stretti e ripidi, dalla manutenzione già problematica, vengono usati con le biciclette come itinerari da discesa. I danni - scrive la Sat - si moltiplicano, oltre al grave pericolo di scontro fra bici e pedoni. Qui i volontari rischiamo veramente di perderli e di rompere un delicato equilibrio motivazionale che la Sat ha costruito in decenni di impegno sociale».
E quiindi? come facciamo con la disponibilità di tracciati per i bikers? «Per la sua complessità e varietà il territorio del Trentino offre opportunità di appagamento per tutti, ma è necessario che ci sia anche senso di responsabilità e rispetto delle regole reciproco da parte di tutti. I bikers hanno a disposizione migliaia di chilometri di strade forestali sulle quali divertirsi e se hanno voglia di adrenalina possono cercare le piste riservate al downhill».
Gli escursionisti, a loro volta, «chiedono di poter camminare tranquillamente e senza doversi preoccupare di biciclette che scendono, a volte a notevole velocità, su percorsi stretti e disagevoli.
È da tenere presente che la rete ufficiale dei percorsi mountain bike del Trentino, che risulta a conclusione dei tavoli di lavoro promossi dalle APT di ambito, è di circa 8.000 chilometri di tracciati! Questa è formata in gran parte da strade secondarie, forestali, mulattiere e anche numerosi sentieri. A fronte di questa offerta vastissima va precisato che i divieti di transito individuati in tutto il Trentino sono circa 500: in genere hanno lo scopo di bloccare il passaggio con bici su sentieri che tagliano strade forestali o imboccano sentieri stretti e/o molto ripidi, dove c’è il rischio di scontro fra le persone e/o evidenti problemi di erosione al fondo del tracciato».
Il ruolo degli amministratori: «Il problema - dice Sat - è quello di chiarire ufficialmente la differenza dei vari tipi di percorsi ed essere fermi nell’indicare i divieti e nel farli rispettare. Sappiamo che ci sono spinte ed interessi contrari, ma non dovrebbe essere difficile anche per i nostri amministratori capire che è interesse generale del nostro turismo tener conto di tutti i tipi di ospiti, non solo dei ciclisti, ma anche degli escursionisti, che anzi probabilmente numericamente sono molti di più».
Ilsodalizio va oltre con l’analisi: «A fronte delle “accuse”, anche recenti, rivolte a Sat, riassumibili (semplificando) più o meno con la banale affermazione che sempre più spesso si sente ripetere: “la Sat non può vietare alle bici l’uso dei sentieri, la montagna è di tutti e ognuno ha diritto di viverla come meglio crede”, va data una risposta concreta, vanno messi sul tavolo dati, numeri, che chiariscano la situazione e mettano a tacere facili slogan. In aggiunta alla rete mtb ufficiale (la sola che le APT possono pubblicizzare) ci sono migliaia di chilometri di altri tracciati forestali e viabilità secondaria che sono accessibili alle mtb. Non è corretto quindi affermare che la rete ufficiale mtb è la sola dove è possibile praticare la mtb».
La norma di riferimento (L.P. 31 ottobre 2012 n. 22) ha previsto sia l’individuazione della rete provinciale dei percorsi per mountain-bike, sia i divieti. «È il loro insieme a darne il senso! Ed è per questo motivo che la Sat ha chiesto, e tuttora insiste, affinché i divieti vengano pubblicizzati al pari della rete mtb nel materiale promozionale, cartaceo e digitale, nella cartografia di riferimento, e sul terreno con la posa dei cartelli».
Una corretta promozione: «Sul controllo del rispetto dei divieti la Sat ha fatto sentire la propria voce perché il tutto abbia un senso. Ma rimarca anche che è finora mancata una campagna di informazione sul corretto uso dei percorsi, organizzata a livello provinciale (finora singole APT si sono organizzate autonomamente); si è poi vista su riviste nazionali e su svariate pubblicazioni anche locali una pubblicità ingannevole, in base alla quale la gente è indotta a credere che sui monti del Trentino ognuno possa andare in bici dove vuole, senza limiti.
Si deve al contrario puntare all’educazione e alla cultura: il limite che oggi viene visto come un’imposizione deve trasformarsi nel valore aggiunto del nostro territorio, dove il pedone, il biker, il turista a cavallo, possono viaggiare tranquilli, nel rispetto delle regole, per sentieri e strade, ognuno rispettoso delle aspettative dell’altro».
Con riferimento al recente e drammatico incidente mortale avvenuto a Pregasina sul “sentiero della Cresta” a Cima Larici (422A), «è necessario precisare, anche per porre fine a squallide polemiche, che sulla estesissima rete escursionistica dell’Alto Garda e Ledro ad oggi risultano individuati 56 divieti approvati con determina del dirigente del Servizio Turismo della PAT. Di questi 49 in area “Garda” e 7 in quella “Ledro”, 44 richiesti dalla SAT e 12 da altri soggetti. Del sentiero 422A dove è avvenuto l’incidente mortale della scorsa settimana non era stato richiesto il posizionamento del divieto mtb; essendo non solo fuori dalla rete mtb, ma anche stretto, esposto e classificato EE (per escursionisti esperti), caratteristiche queste da considerarlo ragionevolmente esente da transiti anche occasionali di mtb. Sulle tabelle segnavia agli estremi del percorso in loc. Calcherole e Bocca Larici è infatti indicato di difficoltà EE».
La Sat già nel 2010 aveva diffuso un proprio Atto di indirizzo e proposta, tuttora attualissimo, anche in considerazione dell’incremento esponenziale dei biker, avvicinatisi ai percorsi di montagna anche grazie al rapido e progressivo successo delle e-bike che conteneva, tra l’altro, un richiamo alle associazioni sportive e agli enti di promozione turistica ad evitare di veicolare messaggi che tutto sia possibile e praticabile a tutti e dappertutto, un metodo in ultima analisi che non tiene conto dei rischi e delle conseguenze. Ciò era stato ribadito durante il difficile confronto e compromesso che aveva portato nel 2012 all’approvazione della norma provinciale di riferimento.
L’appello della Sat: «Nel richiamare questa linea emettiamo un nuovo appello sia a chi compete dare applicazione effettiva alle norme, sia al senso di responsabilità individuale e collettiva di chi frequenta i percorsi delle “nostre” montagne: individuale per il rispetto delle regole, e collettiva perché tutti, bikers, camminatori, residenti e turisti dobbiamo considerare la cultura del limite come salvaguardia della nostra e altrui vita e dell’ambiente naturale in cui viviamo».
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