Uomini e donne nella stessa stanza al S. Chiara
No a uomini e donne nella stessa stanza in ospedale. «Una pratica che lede la privacy dei ricoverati e va a modificare le abitudini dei pazienti che si trovano in una delicata situazione di sofferenza e debolezza»: lo sottolinea la consigliera provinciale di Futura Lucia Coppola che sulla questione ha presentato un’interrogazione.
«Si può comprendere come una situazione di questo genere possa creare disagio ai degenti in particolar modo quando sono allettati e devono per esempio assolvere ai propri bisogni fisiologici. Le strutture sanitarie devono garantire il pieno rispetto della dignità del paziente», dice la consigliera spiegando di aver ricevuto numerose segnalazioni da parte di cittadini in merito a questa prassi che, a dire degli stessi pazienti, è ormai diffusa in tutto l’ospedale Santa Chiara.
«È assodato che il sovraffollamento dei reparti ospedalieri è una emergenza, che i tempi di ricovero sono ormai limitati allo stretto indispensabile, che in assenza di posti letto nel nosocomio trentino si vada alla ricerca disperata di un letto in qualche ospedale di periferia». Ciò evidentemente, soprattutto per certe specialità non è possibile, ma in attesa del futuro nuovo ospedale la consigliera interroga il presidente e la giunta per sapere se siano a conoscenza di questa modalità organizzativa, quali sono i reparti dove questa prassi è frequente, se condividano la necessità che le stanze non possano essere promiscue e se intendano coinvolgere l’Azienda sanitaria nella definizione di nuove modalità organizzativa dei reparti, in modo da garantire per quanto possibile il ricovero di uomini e donne in stanze separate.
Da parte sua il direttore dell’Apss, Paolo Bordon, assicura che si tratta di situazioni straordinarie e che ovviamente la regola è che gli uomini e le donne vengono ricoverati in reparti separati.
La presenza di uomini e donne nelle stesse stanze al Santa Chiara non è comunque una situazione nuova: già nel 2015 il consigliere Claudio Cia aveva presentato un’interrogazione per la stessa questione alla quale aveva risposto l’allora assessore Luca Zeni dicendo che «tale evenienza è legata a situazioni contingenti, come la necessità di effettuare ricoveri d’urgenza che condizionano molto la programmazione e possono mettere in crisi la logistica dell’ospedale.
Un’altra possibilità può derivare dall’incompatibilità tra diversi pazienti che in unità operative di piccoli dimensioni non sempre trovano una sistemazione ottimale».