Medicina, si inasprisce lo scontro Pat-Università
Facoltà di Medicina, si inasprisce lo scontro tra la Provincia e l’Università di Trento. Paolo Collini ha inviato ieri una mail a Maurizio Fugatti. «Ho voluto informarlo per correttezza - afferma il rettore - che presenteremo la domanda al ministero dell’Istruzione per portare Medicina a Trento. Serve chiarezza e vogliamo chiarire una volta per tutte che il nostro interesse verso questo nuovo percorso universitario è concreto».
Ma intanto piazza Dante va avanti per la sua strada e oggi ha presentato la propria proposta per una scuola di medicina e chirurgia inter-ateneo, facente perno sull’Università di Padova ma con il coinvolgimento degli atenei di Trento e di Verona e degli altri attori territoriali interessati, in primis l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, le eccellenze scientifiche e della ricerca già presenti sul territorio.
Ma soprattutto, l’avvio fin dall’ottobre del 2020, di due percorsi distinti, uno a partire dal primo anno e l’altro direttamente dal quinto anno, quest’ultimo rivolto prevalentemente da studenti trentini e altoatesini che già studiano Medicina a Padova (o anche a Verona).
Il progetto è stato illustrato stamani alla Giunta provinciale dal presidente del Consiglio della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova Stefano Merigliano.
La sola istituzione di un corso di laurea non è sufficiente a garantire il raggiungimento del risultato; è necessario creare sinergie fra gli attori territoriali oltre ad alleanze con possibili partner esterni: questa la convinzione espressa dal presidente Merigliano nel corso della sua esposizione.
«Il tema è anche partire subito – ha sottolineato a sua volta Fugatti – in modo tale da dare al trentino risposte concrete nel più breve tempo possibile».
Il progetto quindi è quello di creare una scuola di medicina e chirurgia che coinvolga più atenei. L’Università di Trento gestirebbe il coordinamento logistico generale, il diritto allo studio e i corsi Bio/Fis (Biologia e Fisica, in totale una decina di corsi); alle aziende ospedaliere, a partire dall’Apss, la didattica clinica e i tirocini (i tirocini sono già previsti dal secondo anno di corso) con il progressivo coinvolgimento del personale medico nella didattica (all’Apss sarebbero già attivabili una quindicina di medici); al’’università di Padova spetterebbe la gestione del corso di laurea con prevalente attribuzione dei corsi Med (medicina), i tirocini e il coordinamento con le aziende ospedaliere (volutamente al plurale, a partire come dicevamo da quella trentina); Verona infine gestirebbe i corsi in scienze infermieristiche e delle altre professioni sanitarie, come già avviene oggi.
Per quanto riguarda le modalità di applicazione, il progetto prevede da un lato l’avvio dal 1° ottobre 2020 di un corso di laurea dal primo anno come duplicato di quello di Padova con docenti e risorse di Trento e Padova, e contemporaneamente l’attivazione, sempre da quella data, di corsi di laurea dal quinto anno con studenti volontari in corso a Padova (ci sono attualmente un centinaio di studenti di Medicina trentini e altoatesini che studiano a Padova, di cui 40 al quarto anno, e ad essi potrebbero aggiungersi altri studenti che attualmente studiano a Verona). Essendo Padova capofila non sarebbe necessario l’ottenimento di alcun via libera ministeriale, né per il corso che parte dal primo anno né per quello attivato dal quinto.
Le eccellenze trentine, come il Cibio, la FBK (informatica, robotica), e naturalmente quelle presenti nell’Università di Trento, potrebbero essere integrate nel progetto formativo fin dal corso di laurea, non solo nella fase della specializzazione. Anche gli ospedali periferici potrebbero essere coinvolti per corsi e tirocini particolari (come riabilitazione) nonché nella fase di specializzazione (ad esempio traumatologia).
Per quanto riguarda le scuole di specializzazione: quelle già attive in Trentino rimarrebbero e ad esse potrebbero esserne affiancate anche delle altre. La Rete formativa del Veneto dal canto suo si sta allargando, facendo perno su Verona e Padova. Ogni formando deve fare un 20% del suo percorso formativo al di fuori della “casa madre”, il che favorisce le sinergie e gli scambi. L’ospedale trentino potrebbe essere inserito a sua volta nella rete.
In tarda mattinata il presidente Fugatti ha anche incontrato il prorettore dell’Università di Trento Flavio Deflorian, per un primo esame congiunto dei contenuti della proposta di Padova. «Il nostro auspicio – ha detto, al termine dell’incontro – è che tutti i soggetti interessati collaborino al raggiungimento di un obiettivo importante. Il tema non è l’università in sé. Ma partire subito per dare risposte alle carenza di medici. L’università di Padova propone un accordo con tutte le strutture trentine e che valorizza nel breve e lungo periodo le competenze, e questo ci sembra molto importante».
Tornando alla contrapposizione Pat-università, la mail del rettore Collini è arrivata al governatore, non è un caso, alla vigilia dell’incontro di oggi.
Fugatti risponde così alla lettera del rettore: «Sono contento, ripeto concetti espressi diverse volte, che ci sia la corsa per avere una facoltà di Medicina a Trento. Padova presenterà il suo progetto. Come abbiamo sempre promesso, esamineremo tutti quelli che ci verranno proposti». Ma ribadisce, se mai ve ne fosse bisogno, un concetto: «L’ultima parola spetta a noi. Vogliamo iniziare già nel 2020».
Anche il piano su Medicina su cui sta lavorando Paolo Collini prevede il suo avvio nell’ottobre del prossimo anno. Il progetto, come chiarito dal rettore negli scorsi giorni - passa dai vari Dipartimenti d’Ateneo, perché bioetica, robotica, biodiritto, fisica medica, management, genomica, intelligenza artificiale sono temi imprescindibili per il medico di domani, e probabilmente anche per quello di oggi. La proposta è dell’Università di Trento, ma enti, soggetti e realtà coinvolti sono potenzialmente e concretamente decine, ognuna con il proprio ruolo. Le Università di Verona e Ferrara in primis, ma Collini ha sottolineato l’esigenza e l’importanza di guardare a nord, a Bolzano e al Tirolo. Il piano si articola in tre direzioni: il corso di studi, la formazione specialistica e l’attività di ricerca. In particolare una ricerca di qualità, che guadagna visibilità internazionale, è la chiave per valorizzare i medici già presenti in Trentino e attirarne di nuovi, per far loro scegliere di vivere e lavorare in provincia.
Per quanto riguarda i research Hospital si punta a creare all’interno delle strutture sanitarie degli ambiti di ricerca clinica, valorizzando il ruolo degli ospedali di valle e ad attivare i dottorati clinici. I teaching Hospital saranno attivati con la Scuola di Medicina di Trento e le Scuole di specialità, cogliendo le evoluzioni normative, senza dover ospitare specializzandi di altre scuole.
I corsi, nei progetti dei rettore e dei suo collaboratori, devono partire subito. Ovvero dal prossimo anno accademico con il primo e il secondo anno, con il personale docente dell’Ateneo che è già in grado di coprire il 20% della didattica. Ben sapendo che partire adesso significa avere nuovi medici solo nel 2033.
L’Università di Trento ha, infine, già individuato una serie di possibili spazi e strutture, fermo restando che la carenza di spazi, a prescindere da Medicina, resta una piaga per l’Ateneo.
La vera difficoltà, è stato detto da Collini, sono gli spazi dentro l’ospedale, con il Santa Chiara già in crisi oggi, figuriamoci con una sorta di clinica universitaria.