Lo studio dell'Università di Trento: «Allentare il lockdown adesso avrebbe conseguenze disastrose»
Una massiccia campagna di test e il tracciamento dei contatti dei casi positivi al Covid-19 sono le due condizioni essenziali affinché la riapertura in Italia non determini esiti drammatici: a indicarlo è un nuovo modello epidemiologico pubblicato sulla rivista «Nature Medicine» dall’Università di Trento in collaborazione con l’Università e il Policlinico San Matteo di Pavia, l’Università di Udine, il Politecnico di Milano e l’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni (Ieiit) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
Il nuovo modello, chiamato “Sidarthe”, «distingue le persone infette diagnosticate col tampone da quelle infette sfuggite ai test: queste ultime, per quanto invisibili, sono abbastanza numerose per continuare a sostenere la diffusione dell’epidemia», spiega all’Ansa Giulia Giordano, prima autrice dello studio e ricercatrice del dipartimento di ingegneria industriale all’Università di Trento.
Lo studio ha diviso gli italiani in otto categorie: i non infetti suscettibili al virus, gli ‘invisibilì non diagnosticati perché asintomatici o con pochi sintomi, i positivi al tampone asintomatici, i malati sintomatici non sottoposti a test, i sintomatici diagnosticati, i positivi al tampone con sintomi gravi, i guariti e i deceduti.
«Inserendo nel modello i numeri dell’epidemia aggiornati al 5 aprile, abbiamo calcolato che il picco dei casi reali sarebbe stato raggiunto intorno al 10 aprile, seguito a una settimana di distanza dal picco dei casi diagnosticati», afferma Giordano.
Avendo verificato l’affidabilità del modello, i ricercatori hanno provato a definire due scenari estremi. «Abbiamo visto che se l’Italia, al momento del picco, avesse deciso di inasprire il lockdown con misure draconiane simili a quelle cinesi, il conto delle vittime per il 2020 si sarebbe attestato intorno ai 25.000 decessi. Se invece il Paese avesse optato per un rilassamento consistente delle misure, avrebbe contato 70.000 vittime, con l’epidemia ancora in pieno svolgimento a fine anno».
Alla luce di questi dati, sono due i messaggi chiave emersi dallo studio. «Il lockdown è stato indispensabile: applicarlo prima sarebbe stato ovviamente ancora meglio», spiega la ricercatrice. «Pensare di allentarlo ora sarebbe impossibile senza mettere in conto delle conseguenze disastrose. Per questo, se vogliamo attuare una riapertura in sicurezza, dobbiamo fare in modo che l’allentamento delle misure sia accompagnato da una campagna aggressiva di test e dal tracciamento dei contatti dei casi positivi, in modo da identificare e bloccare sul nascere i nuovi focolai».