Terapia intensiva Covid-free È la prima volta dal 7 marzo
La terapia intensiva del Santa Maria del Carmine di Rovereto, eletto a marzo Covid center del Trentino, da ieri non ha più pazienti Covid. Non succedeva dal 7 marzo scorso, quando in ospedale arrivò il primo paziente grave affetto da coronavirus.
Sono trascorsi cento giorni esatti da quel ricovero annunciato soltanto poche ore prima all’equipe del dottor Giovanni Pedrotti. In quelle ore la rianimazione venne completamente stravolta, le tre caposala che si sono alternate assieme a colleghi infermieri ed ai medici in tutto questo tempo, vennero incaricate di riorganizzare gli spazi e mettere a punto percorsi, individuare posti per la vestizione e la svestizione. Gran parte del lavoro, dopo la cura dei pazienti, era quello di fare in modo che il maledetto virus non uscisse di lì. E, cento giorni dopo, possono dire di esserci riusciti.
Purtroppo questo capitolo inedito della storia della terapia intensiva al Santa Maria non si è chiuso nel migliore dei modi, perché ieri medici ed infermieri hanno dovuto dare la triste notizia della morte dell’ultimo paziente Covid che era rimasto nel reparto. Si tratta di un 73enne di Luserna, Armando Nicolussi Moretti, che ha lottato come un guerriero contro il coronavirus dal marzo scorso. Era in quel letto da oltre due mesi e tutti facevano il tifo per lui, ma non è bastato.
Tanti i pazienti che si sono alternati in quello stesso reparto negli ultimi cento giorni. Fino ad un massimo di venticinque persone che, a fine marzo, hanno dovuto ricorrere contemporaneamente alle cure della terapia intensiva di Rovereto per colpa del coronavirus. In quelle settimane in cui i pazienti gravi continuavano ad arrivare in ospedale, uno dietro l’altro, erano stati allestiti 32 letti attrezzati nel reparto di rianimazione sgomberato da tutti gli altri casi (venivano dirottati al Santa Chiara di Trento) e diviso in due (terapia intensiva 1 e 2, appunto) per poter organizzare meglio personale e cure.
Ora respiratori, letti e altro materiale sono stati chiusi in un magazzino. La speranza dei medici e degli inferimieri che difficilmente dimenticheranno questi cento giorni in prima linea contro il Covid è di non doverli utilizzare mai più. Nelle sale della rianimazione restano i box pronti ad ospitare eventuali nuovi casi.
Nel Covid center che passo dopo passo è tornato, se non alla normalità, ad una situazione più tranquilla ora restano soltanto un paio di malati Covid nel reparto di malattie infettive. Anche l’altro grande reparto che ha lavorato sodo per far fronte all’emergenza, l’alta intensità o medicina che dir si voglia, è “Covid free”. Ma è tutt’altro che un incubo lontano quello che ha vissuto tutto il personale e gli operatori “in prestito” per l’emergenza. Immagini e sensazioni provate in quei cento giorni sono ancora vive nella mente di tutti.
A ricordare lo tsunami che si è abbattuto sul Santa Maria ci sono ancora le misure di sicurezza adottate per contrastare il diffondersi del Covid-19. A chiunque accede alla struttura vengono poste delle domande, fatta firmare un’autocertificazione e misurata la temperatura. Nuove norme regolano visite e accessi. Ma l’ospedale ha retto la terribile ondata.