Merler: «La normalità? Fra agosto e dicembre, ma c’è l’incognita varianti»
Parla l’epidemiologo della Fbk: «Difficile essere zona gialla in aprile, ancora troppi casi». E le scuole? «Avevamo proposto uno studio specifico sulla trasmissibilità, ma non è mai stato fatto»
TRENTO - «Con le riaperture si deve essere graduali e prudenti. Non c'è alcuna chance reale di tornare in "zona gialla" nel mese di aprile, perché non è sufficiente per tenere sotto controllo l'epidemia con la variante inglese, che in Italia - e anche in Trentino - è ormai al 90% ed è quasi una volta e mezza più trasmissibile del vecchio virus. E non si può almeno finché non avremo un alto numero di vaccinati».
Non ha dubbi Stefano Merler, epidemiologo e direttore del Centro per le emergenze sanitarie della Fondazione Kessler di Trento, ormai un'autorità nello studio della diffusione del Covid-19, del suo impatto sulla popolazione. Merler fu il primo, l'anno scorso, a prevedere che in Italia questo nuovo virus avrebbe causato decine di migliaia di morti e purtroppo i fatti gli hanno dato ragione.
Dall'inizio della pandemia collabora con l'Istituto superiore di sanità e il Cts (Comitato tecnico scientifico) per l'elaborazione dei dati su come si sta muovendo il virus nel nostro Paese, fornendo la base scientifica per decisioni politiche, che sono sempre frutto, però, di compromesso, perché tengono conto di vari fattori, non solo quello sanitario. Non per nulla si è assistito a un duro braccio di ferro anche sul decreto del governo Draghi che esclude le "zone gialle" ad aprile, salvo nuove valutazioni a fronte di numeri particolarmente favorevoli, a cui subito si è appigliato il governatore trentino Maurizio Fugatti auspicando a breve il passaggio al "giallo" del Trentino.
Stefano Merler, come si sta muovendo l'epidemia? Cosa dobbiamo aspettarci?
Noi abbiamo messo in piedi uno studio sulla prevalenza delle varianti con Iss, ministero della Salute e laboratori regionali, e si è capito che siamo arrivati al 90% di variante inglese perché è molto più trasmissibile, quasi una volta e mezzo, e possiamo dire che quella di oggi è un'altra malattia rispetto a quella che abbiamo avuto fino a dicembre.
È anche più letale?
C'è uno studio importante che dice che c'è una maggiore letalità legata alla variante inglese, ma uno solo per ora. Molti colleghi mi dicono poi che vedono molti pazienti più giovani e in condizioni peggiori. Potrebbe dunque creare problemi maggiori del precedente.
È incoraggiante. E le altre varianti?
Stiamo facendo un lavoro sulla variante brasiliana, che nel centro Italia è molto presente, con una prevalenza intorno al 20% . La nostra impressione è che sia meno trasmissibile di quella inglese, perché a livello nazionale è al 4%, così come lo era un mese fa. Però non è scomparsa e pone un problema enorme perché contro la variante inglese i vaccini funzionano, mentre contro quella brasiliana non c'è evidenza. Quindi dove si trova bisogna intervenire con misure importanti, perché non bisogna farsela scappare altrimenti potenzialmente è una nuova epidemia. Nell'ultimo mese da Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania, dove era, si è allargata anche a Veneto, Liguria, Piemonte, Abruzzo, Molise e Sicilia. Per questo dobbiamo stare molto attenti a riaprire la mobilità regionale, perché nel giro di due mesi te la ritrovi ovunque.
Anche in Trentino dunque?
Non si può escludere nulla.
Lei dice che può diventare una nuova epidemia perché questo è un virus diverso, contro cui non funziona l'unica arma che abbiamo, che è il vaccino?
Esatto. Questo è il punto.
E la variante sudafricana?
Quella è un po' sparita dai radar. Era allo 0,5% al 18 febbraio in Italia. C'era anche a Bolzano al 3%. Ora è lo 0,2%. Vuol dire che è molto meno trasmissibile delle altre varianti.
Molti, dopo un anno dall'inizio della pandemia, si chiedono a cosa sia servito il lockdown e tutto questo "apri e chiudi", visto che siamo punto e capo. Il virus è ancora con noi. Non è servito a niente?
È servito, eccome. All'inizio, a marzo-aprile dell'anno scorso, è servito perché era una malattia mortale di cui non conoscevamo nulla e non avevamo difese. Ci sono stati 60mila morti. Senza lockdown ne avremmo avuti in pochi mesi centinaia di migliaia, come ci dimostrano tutti i modelli pubblicati, non solo i miei. E li hanno evitati anche le restrizioni di ottobre, novembre e anche quelle di oggi. Quindi non è vero che siamo da capo. Semmai siamo da capo, ma con molte vite salvate. I Paesi europei non sono orientati all'eliminazione della malattia, perché sarebbe troppo costoso dal punto di vista economico e sociale, ma questo implica che fino a che non si raggiungerà un'alta copertura vaccinale dovremo convivere con il problema. Oggi ci sono 500 morti al giorno, è ancora una situazione grave e siamo lontani dalla soglia di accettabilità di 50 casi per 100mila alla settimana. Siamo 4-5 volte sopra la soglia. Quindi le misure servono. E la "zona gialla" non basta. Se si sbaglia ora, in due settimane ci ritroviamo un disastro negli ospedali.
Riaprire la scuola è un azzardo?
Per le scuole si deve fare uno studio di trasmissibilità che noi avevamo proposto ma non è mai stato fatto. Né in Italia né altrove. Non si sa nulla di conclusivo.
Il monitoraggio regionale funziona?
I parametri che si usano per il monitoraggio regionale dicono se c'è rischio basso, moderato o alto. Il sistema ha fatto il suo dovere. Già a settembre, ad esempio, avevamo avvertito Regioni e Governo che la situazione stava peggiorando. Ma il primo Dpcm è stato solo del 13 ottobre e il secondo il 6 novembre. Queste sono scelte della politica non nostra.
Ma potremo mai tornare a una vita normale pre-Covid? E quando?
Il dato positivo è che stiamo iniziando a vaccinare bene, con 250mila persone al giorno e se andiamo avanti con questi numeri è possibile che nel giro di qualche mese - in un nostro studio prevediamo da agosto a dicembre - si ritorni alla quasi normalità.
Per quasi normalità intende che potremo tornare al cinema o in piscina?
Sì, direi la vita prima del Covid, sempre con qualche precauzione di distanziamento. La condizione è di vaccinare tanto e velocemente. È anche possibile che il vaccino, sebbene non funzioni contro la brasiliana, però protegga dalle forme più gravi della malattia. Poi, naturalmente, ci sono le incertezze del caso, come quanto durerà l'immunità del vaccino, che ora non si sa. Bisogna aspettare e vedere. E poi potrebbero anche emergere altre varianti. Comunque, anche con l'aiuto della bella stagione, penso che potremmo andare verso la normalità. Ma non dobbiamo pensare che una volta vaccinati gli anziani siamo a posto. Perché non è così.
Perché?
Se per assurdo lasciamo circolare il virus farà un'enormità di casi tra 40-50-60enni, che ora non compaiono nelle liste "brutte", perché sono relativamente pochi i contagiati, ma aumentare la trasmissione vuol dire trovarsi tante persone più giovani in ospedale e anche tra i morti.