Ubriaco al volante sei anni fa: la Questura gli toglie il porto d’armi, cacciatore sconfitto al Tar
Aveva patteggiato la pena, aveva svolto lavori socialmente utili e si era sottoposto alla riabilitazione presso il Servizio Alcologico, ma questo non basta: «il guasto alla buona condotta si estende oltre la riabilitazione»
TRENTO. Sei anni fa venne fermato e poi condannato per guida in stato di ebbrezza, per la verità non era la prima volta che il cacciatore veniva pizzicato a bere qualche bicchiere di troppo.
Per quel reato ha patteggiato la pena, ha svolto lavori di pubblica utilità, ha poi ottenuto la riabilitazione, ha prodotto un certificato del medico curante che conferma lo stato di buona salute, ha seguito anche un corso organizzato dal Centro alcologia dell'Apss su "Salute, alcol e guida". Insomma, il cacciatore pare aver rigato dritto, ma questo per ora non basta a tornare in possesso della licenza di porto d'arma ad uso venatorio.
Il Tar di Trento ha infatti confermato la piena legittimità del decreto con cui la Questura ha negato il rinnovo del documento.
Ancor prima di affrontare la questione nel merito, il Tar fa una premessa ricordando che «il nostro ordinamento non riconosce quale diritto assoluto ed incomprimibile del singolo il possesso di un'arma e l'utilizzo della medesima. Il rilascio o il rinnovo della licenza a portare le armi, rappresenta, infatti, una deroga al generale divieto di portare armi».
Inoltre i giudici amministrativi ricordano che «la licenza di portare armi presuppone la sussistenza, oltre che dell'affidabilità nell'uso delle stesse da parte del richiedente, anche del requisito della cosiddetta buona condotta, la quale invero presenta una latitudine applicativa maggiormente estesa del pericolo di abuso con la conseguenza che la licenza di porto di fucile può essere rilasciata o mantenuta solo a persona assolutamente esente da mende e che osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile».
E ancora: «L'epoca non così risalente della condotta contestata e la condotta stessa denotante una personalità incline all'eccesso e al poco controllo giustifica il giudizio prognostico dell'amministrazione, evincibile in particolare nel provvedimento del Commissariato del Governo, secondo cui dal pregresso abuso di alcol si può pervenire all'abuso di armi. È ben vero che il soggetto che ha abusato di alcol non può comunque essere considerato sine die inaffidabile, tuttavia oggettivamente non risulta manifestamente irragionevole da parte dell'autorità di pubblica sicurezza l'aver considerato ancora insufficiente il lasso di tempo intercorso, pari a sei anni, al fine di ritenere superate le problematiche di abuso in questione e, quindi, l'aver ritenuto ancora prematuro il rilascio al ricorrente della licenza di portare armi».
Il ricorso è stato dunque respinto. Il cacciatore ora può fare appello, oppure può aspettare ancora qualche anno e poi riprovare a chiedere il porto d'armi.