Ginecologa scomparsa, 60 ostetriche chiedono di essere ascoltate «ma tutte, su appuntamento»: dubbi sul «controllore» che è anche il «controllato»
La «commissione d’inchiesta» su Ostetricia e Ginecologia ha chiesto altre due settimane per dare un giudizio, ma crescono i dubbi sul metodo e molti operatori hanno paura a parlare: «le molte segnalazioni del passato sono sempre stato cestinate dall’Azienda».
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TRENTO. La scomparsa della giovane ginecologa Sara Pedfri è legata o meno alle condizioni di lavoro nel reparto di Ostetricia e Ginecologia del Santa Chiara di Trento? La commissione interna presieduta dal direttore sanitario Antonio Ferro ha chiesto due settimane di tempo per concludere le audizioni ma senza attendere le conclusioni, da più parti è arrivata la richiesta che sia qualcuno di terzo a “giudicare” eventuali comportamenti non corretti all’interno del reparto. Le segnalazioni al Ministro Speranza sono state inviate affinché venga mandata a Trento una commissione ministeriale in quanto si teme che lasciare ai controllati la possibilità di fare da controllori possa non portare alla luce la reale situazione del reparto. Inoltre non tutti i professionisti del reparto ascoltati sui fatti si sentono sufficientemente tutelati visto che le segnalazioni che nel corso degli anni erano state inviate ai vertici dell’Apss erano cadute nel vuoto.
Qualche perplessità sulle modalità con cui l’audizione dei testi è condotta ce l’hanno anche le settante ostetriche della sala parto e del reparto di ostetricia dell’ospedale Santa Chiara di Trento che hanno scritto una lettera al direttore sanitario Antonio Ferro per chiedere di essere ascoltate tutte (e non solo alcune), su appuntamento. Secondo le ostetriche l’audizione non dovrebbe essere “volontaria”, come indicato dall’Apss nella mail inviata alla professioniste, ma per tutte e su appuntamento. «... siamo a chiedervi una modalità di colloquio su appuntamento per tutto il personale ostetrico. Riteniamo che la modalità “su base volontaria” sia poco tutelante per noi e per l’eventuale esposizione di elementi», si legge nella lettera. E la Direzione sanitaria ha accettato questa modalità.
La Fenalt, nei giorni scorsi, aveva chiesto anche di interessare della questione l’Uopsal, l’unità operativa prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro ma dalla Provincia è arrivato un secco no.
Intanto il sindacato Nursing Up si preoccupa di tutelare il buon nome del reparto e del personale che soprattutto in questo periodo Covid, con la chiusura dei punti nascita di Cles e Cavalese, è stato chiamato a sopportare un pesante carico di lavoro «assicurando alle utenti un clima di reparto sereno, ospitale e standard elevati di sicurezza, certificato anche da importanti riconoscimenti».
«A nostro avviso - scrive Cesare Hoffer - ora è importante che questo clima venga difeso e preservato, visto che anche la cittadinanza ha sempre manifestato grande fiducia nell’operato del reparto. Il nostro auspicio è che nei momenti di difficoltà i nostri professionisti non siano lasciati soli da chi ricopre importanti ruoli istituzionali e proprio per mandato istituzionale dovrebbe tutelarli ed ascoltarli, cosa prevista da leggi e contratti di lavoro, per questo determinate problematiche dovrebbero essere tempestivamente intercettate e prese in carico da un sistema aziendale volto ad accoglierle e non certo a respingerle».