Prima di ammazzare Deborah, Lorenzo Cattoni l’ha picchiata brutalmente per anni: patteggia la pena di 2 anni e 8 mesi
Testate in faccia, calci nelle costole, botte quando era incinta e davanti ai bambini piccoli, una volta l’ha buttata giù dalle scale: nel processo il racconto agghiacciante di un seviziatore seriale. E poi, l’omicidio: «Non so perché l’ho fatto, mi è girata così la testa»
TRENTO. Quattro anni di botte, umiliazioni psicologiche, violenze domestiche anche quando la donna era in gravidanza: i maltrattamenti in famiglia sono stati l'anticamera di un omicidio. La situazione deflagra il 22 febbraio scorso quando Lorenzo Cattoni uccide con un colpo d'accetta la ex compagna Deborah Saltori. Neppure lui in sede di interrogatorio ha saputo spiegare il perché di quel delitto, davanti al pm che gli chiedeva perché ha risposto: «semplicemente mi è girata così la testa». Ma un perché va ricercato anche nei maltrattamenti e nelle lesioni che la donna aveva subito e forse troppo a lungo sopportato. Per questi reati Cattoni, assistito dagli avvocati Luca Pontalti e Stefano Ravelli ha ha patteggiato davanti al giudice Claudia Miori 2 anni e 8 mesi.
Siamo solo al primo capitolo di una vicenda giudiziaria che potrebbe portare l'imputato fino ala pena dell'ergastolo se dovesse passare la linea della procura che contesta l'omicidio volontario pluriaggravato.Pesante è anche il capo di imputazione per il procedimento di maltrattamenti e lesioni. Con condotte che l'accusa definisce «reiterate nel tempo» e «noncurante della presenza dei figli minori della vittima e del suo stesso figli minore, maltrattava la compagna convivente anche nel periodo in cui questa si trovava in stato di gravidanza.
Di più: secondo l'accusa, l'imputato «rendeva impossibile una prosecuzione serena della vita domestica». «In particolare - precisa il capo di imputazione -«trasferitosi a vivere con la compagna prima nell'abitazione di Nave San Rocco e poi nell'abitazione di Meano, nonostante la donna fosse incinta del loro bambino, a seguito di una lite, non esitava a buttarla fuori di casa e le gettava gli effetti personali dal balcone». Violenze che proseguivano anche dopo la nascita del piccolo. «Dopo la nascita di (omissis), frequentemente aggrediva Deborah afferrandola per il collo o colpendola con delle testate».
In particolare il 14 maggio 2017 «colpiva Deborah con pugni all'occhio e al naso». Nell'anno 2019, malgrado un'operazione chirurgica subita da Deborah, sferrava un calcio alla donna appena convalescente».
Gli episodi di violenza proseguivano anche nel 2020: «Nel corso dell'estate/autunno buttava la compagna dalle scale». La povera Deborah era costretta a subire anche umiliazioni e soprusi: il 13 novembre 2020 (siamo cioè a tre mesi dall'omicidio) Cattoni, «dopo aver sputato nel lavandino appena pulito, alla reazione della compagna, le torceva con forza il braccio e la colpiva con un pugno alla schiena per poi, subito dopo, rompere il computer della giovane (omissis) ed altre cose della medesima e sferrare un violento pugno sull'occhio di Deborah che aveva osato prendere le difese della figlia».
Le lesioni sono documentate da due referti medici con prognosi di guarigione non da poco: 20 e 30 giorni.Il resto di questa tragedia familiare, purtroppo, è stato già scritto. Deborah, assistita dagli avvocati Marco Vernillo e Antonio Saracino, il 26 novembre 2020 sporge querela contro Cattoni che finisce agli arresti domiciliari, con possibilità di coltivare la campagna di Cortesano ma con il divieto assoluto di frequentare l'ex compagna. Invece, come aveva fatto anche in altre occasioni, spinta dalla necessità di avere da Cattoni un contributo per il mantenimento del figlio, il 22 febbraio, sollecitata dall'ex compagno, Deborah sale alla baita. I due bevono un caffè, chiacchierano, poi Deborah va a salutare le caprette nel recinto. Al suo rientro nella baita Cattoni - questo almeno è quanto dichiara l'imputato - vede un'accetta conficcata nella parete di legno. L'afferra e colpisce a morte la povera Deborah Saltori.