Riforma della sanità trentina: dalla giunta un modello, dal Pnrr Segnana ne disegna un altro. La Consulta chiede lumi
In agosto la Provincia approva un modello, ora per avere i soldi del Piano nazionale se ne disegna un altro, il presidente Dori: «L’importante è che ci si confronti, non che si facciano annunci spot con numeri che non stanno in piedi»
TRENTO. Quale sarà la sanità trentina del futuro? Il documento elaborato da Agenas e dal Ministero della Salute, che ridisegna la nuova assistenza territoriale alla luce dei finanziamenti del Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr) stabilisce una serie di strutture legate al numero di abitanti che non coincidono con quanto anticipato dalla Provincia sulla nuova riorganizzazione sanitaria trentina.
La questione è stata affrontata in una lettera aperta che la Consulta della salute ha inviato al presidente Maurizio Fugatti, all'assessora Segnana, ai capigruppo in consiglio provinciale, al difensore civico, alle Autonomie locali e al dottor Trimarchi, coordinatore del gruppo di lavoro nominato dalla Apss.
Vista l'importanza delle scelte che dovranno essere prese nei prossimi mesi la Consulta chiede un maggior coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, dagli operatori sanitari a quelli del sociale, dai comuni alle comunità di valle, dalle rappresentanze sociali al settore del volontariato, dal privato sociale agli ordini professionali.
«Una riforma di tali dimensioni, non può essere attuata nel silenzio o sulla base di spot e annunci tramite stampa, è necessario e urgente aprire un confronto a tutto campo che veda coinvolti tutti», bacchetta il presidente Renzo Dori che nella lettera aperta mette in evidenza le incongruenze numeriche tra quanto anticipato dalla Provincia sulla nuova organizzazione e quanto previsto a livello nazionale. «Il perno del documento elaborato da Agenas e dal Ministero è il Distretto sanitario. Ce ne dovrà essere uno ogni 100 mila abitanti ed esso sarà il luogo privilegiato di gestione e di coordinamento funzionale ed organizzativo della rete dei servizi sociosanitari e sanitari territoriali».
«In Trentino, facendo due conti, ce ne vorrebbero 6 mentre nella delibera della giunta provinciale dell'agosto scorso si parla di 3.
Stesso discorso per le altre strutture, le case della Comunità hub (una ogni 40-50 mila abitanti) e le case della comunità spoke (ogni 20-25 mila abitanti per le aree urbane e 10-15 mila per le aree rurali). È previsto, sempre a livello nazionale, un infermiere di famiglia ogni 2-3 mila abitanti, una unità speciale di continuità assistenziale ogni 100 mila abitanti e 1 centrale operativa territoriale ogni 100 mila abitanti, 1 ospedale di comunità con 20 posti letto ogni 50-100 mila abitanti, 1 unità di cure palliative ogni 100 mila abitanti e 1 hospice con almeno 10 posti letto all'interno della rete.
«Il Pnrr - ricorda poi la Consulta - prevede poi risorse per la telemedicina, per il teleconsulto, per l'informatizzazione dei dati e la creazione di piattaforme unitarie. Si prevede la creazione di una Centrale operativa territoriale, che svolgerà il compito di coordinamento della presa in carico della persona e un raccordo con i servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali. Non sarà un passaggio facile e comporterà non pochi approfondimenti rispetto ai servizi sanitari, sociosanitari e sociali esistenti».
Per questo la Consulta chiede un coinvolgimento, chiede di sapere e i rappresentanti delle diverse realtà di poter dire la loro. «La Consulta non chiede un'applicazione pedissequa di tutto, fin nei numeri. Per la nostra esperienza ci sarà da discutere per esempio su numero e funzione dei distretti o sulle Usca, che devono essere formulati a seconda dei bisogni reali che provengono dai territori. Noi riteniamo importante insistere sulla necessità del cambio di modello, che richiede un modo completamente nuovo di impostare il servizio.
Siamo convinti che dobbiamo partire dal basso, dalle Case della Comunità e dall'equipe territoriale. Il resto dovrà essere ridisegnato su ciò che serve perché questa rete possa funzionare, in modi che territorialmente potranno anche essere diversi da quanto previsto sulla carta e in relazione a cosa c'è e cosa funziona oggi, mirando al superamento della frammentazione delle prestazioni e all'integrazione col sociale».
Nella lettera, infine, la Consulta chiede anche di conoscere lo stato di attivazione della Disability Card. Annunciata dalla ministra Stefani, sarà uno strumento che consentirà l'accesso agevolato a beni, luoghi e servizi ai disabili