Parla Tateo: «Mi hanno descritto come un mostro che non sono. Un'odiosa falsità le accuse di mobbing. La dottoressa Pedri ha ricevuto da me tutti i riguardi»
L'ex primario del Santa Chiara, oggi indagato, rilascia a La Stampa la prima intervista, dopo mesi di silenzio, e si difende dalle accuse sul clima pesante nel reparto, arrivate dopo la drammatica vicenda della giovane ginecologa scomparsa dal 4 marzo scorso
PROCESSO Due ginecologhe: «Orari impossibili e clima oppressivo in reparto»
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LA PERIZIA «Sono un morto che cammina», depositato lo studio di parte
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LE RICERCHE Il lago di Santa Giustina viene perlustrato tutte le settimane
IL CASO La scomparsa della ginecologa Sara Pedri e la bufera sul reparto
TRENTO. Dopo mesi di silenzio, parla per la prima volta l'ex primario di ginecologia al Santa Chiara, Saverio Tateo, e respinge tutte le accuse che gli sono state mosse in relazione al caso di Sara Pedri
La giovane dottoressa è scomparsa dal 4 marzo 2021e la sua famiglia ha sollevato da subito la questione del clima pesante vissuto in reparto dalla ragazza.
Tateo, intervistato da Paolo Colonnello su La Stampa, nega ogni responsabilità, afferma di non aver per nulla colto quel "clima pesante" in reparto di cui poi si è parlato e definisce «un'odiosa e gravissima falsità» le accuse di mobbing e maltrattamenti per le quali è indagato.
Al contrario, afferma di aver trattato con sensibilità la giovane romagnola, che lavorò tre mesi circa al Santa Chiara per poi passare all'ospedale di Cles: «La dottoressa Pedri ha ricevuto da me tutti i riguardi che sono dovuti a una giovane professionista che, lasciato pochi giorni prima l'ambiente comunque protettivo dell'università, si è trovata a dover fronteggiare i ritmi e le esigenze della corsia e della sala operatoria».
Una giovane che Tateo definisce «educata, interessata a ciò che faceva e con un senso di responsabilità verso il lavoro».
All'intervistatore, il medico spiega così la scelta di rompere il silenzio: «Perché mi hanno descritto come un mostro che non sono».
Sul suo modo di lavorare precisa: «Non sono aggressivo, sono una persona piuttosto severa, amo il rigore perché nell'ospedale il rigore è fondamentale».
Nella lunga intervista, l'ex primario si dice «dispiaciuto per quanto è successo a questa ragazza» e invita i familiari di Sara a «sperare che forse la loro figlia non ha fatto una scelta irreversibile».
E sulle condizioni di Sara, l'ex primario spiega al quotidiano torinese:
«Era una specialista da poco tempo, la sapevo sola in Trentino e per di più durante la seconda ondata di Covid. Per questo le avevo dato dei turni che la lasciavano libera i fine settimana e i festivi».