Ordine degli infermieri contrario al corso ausiliari di Rsa: "Banalizzata la complessità sanitaria ed assistenziale"
Il presidente Daniel Pedrotti si dichiara sempre disponibile ad un confronto con l’obiettivo di guardare al futuro “cercando di affrontare concretamente e in modo condiviso i problemi che oggi ci sono e allo stesso tempo prevenirne di nuovi”
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TRENTO. L’Ordine delle Professioni Infermieristiche della Provincia di Trento, preso atto mezzo stampa del Corso di Formazione per “ausiliari di Rsa” promosso da Upipa in collaborazione con Opera Armida Barelli, si schiera a difesa del diritto ad un’assistenza sicura e competente della persona residente in Rsa, che non può essere garantita da una figura professionale ausiliaria formata attraverso un corso di 68 ore.
“Corso che appare – si legge in un documento firamto dal presidente dell’Ordine Daniel Pedrotti - nei contenuti formativi un “bignami” della formazione professionale dell’Oss che in Provincia di Trento prevede un percorso strutturato di 1400 ore di cui 700 di tirocinio. L’Ordine delle Professioni infermieristiche, inoltre, ritiene di dover difendere la fragilità degli utenti e delle loro famiglie che si trovano a dover subire iniziative compensatorie, come tra l’altro dichiarato nello stesso bando del corso, in risposta alla carenza di personale qualificato nelle Rsa”.
E ancora: "L’assistenza e la cura degli anziani necessitano di competenze sempre più elevate considerata la continua evoluzione dei bisogni assistenziali e sanitari che sono sempre più complessi. Pertanto, per garantire sicurezza e qualità delle cure, è imprescindibile garantire standard quali e quantitativi adeguati di professionisti e operatori sanitari. Non possiamo permettere che venga banalizzata la complessità sanitaria ed assistenziale degli ospiti nelle Rsa inserendo in assistenza diretta “ausiliari” formati con 68 ore, denominandoli “operatori della cura”.
Inoltre "l’introduzione di questi “ausiliari” nell’assistenza, rappresenterebbe una deprofessionalizzazione delle cure in Rsa, ulteriore elemento di criticità per gli infermieri, che sono i responsabili dell’assistenza. Creare una nuova figura di ausiliario come mera risposta ad una carenza puramente numerica devia l’attenzione dalla vera causa che la genera, lasciando in subordine la competenza, che invece dovrebbe essere il primo criterio guida”.
”A partire dal dato di realtà – spiega Daniel Pedrottti – che i bisogni assistenziali e sanitari degli ospiti sono sempre più complessi, già da prima della pandemia, e pertanto necessitano di professionalità adeguate dal punto di vista qualitativo e quantitativo, come già evidenziato da questo Ordine in precedenti posizionamenti, il focus deve essere l’attrattività dell’assistenza all’anziano per gli infermieri, le altre professioni sanitarie e gli operatori socio sanitari.
Pertanto, l’Ordine esprime contrarietà a questa proposta dell’ausiliario in Rsa come “operatore della cura”, e ribadisce alla politica e alle istituzioni la necessità di attivare strategie a breve e medio-lungo termine per governare la carenza negli organici di infermieri e Oss, quali in primis:
- investire sull’attrattività dell’assistenza all’anziano in RSA: percorsi di carriera per gli infermieri nell’area della clinica e dell’organizzazione, retribuzioni dignitose rispetto alle responsabilità assunte;
- annullamento - non più procrastinabili - del vincolo di esclusività degli infermieri dipendenti del SSP (a breve termine);
- aumento graduale e programmato del fabbisogno di infermieri con un contestuale significativo investimento sulla formazione universitaria per mantenere gli standard di qualità formativi (a medio e lungo termine);
- garantire dotazioni di infermieri e Oss adeguate alla complessità assistenziale degli ospiti;
- garantire le condizioni affinché gli infermieri possano agire appieno la loro professionalità.
L’Ordine di Trento si dichiara sempre disponibile ad un confronto con l’obiettivo di guardare al futuro “cercando di affrontare concretamente e in modo condiviso i problemi che oggi ci sono e allo stesso tempo prevenirne di nuovi, evitando di cadere in soluzioni reattive e compensatorie che mettono a rischio la sicurezza e qualità delle cure alle persone in Rsa”.