Dori: «Il Not è fondamentale, il progetto è ormai un caso kafkiano e intanto paghiamo noi cittadini»
Nuovo ospedale a Trento, i timori del presidente della Consulta provinciale per la salute: «Evidentemente non ci sarebbe spazio sufficiente in via al Desert, quindi si propone di spostare tutto nell’area San Vincenzo a Mattarello. Ma azzerare tutto e ripartire con un cambio di ubicazione quanto tempo richiederebbe? E ci sarebbero gli ulteriori ricorsi»
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TRENTO. «La vicenda del Not, se non fosse così drammatica e urgente per i cittadini e per il personale sanitario che vi opera, potrebbe facilmente essere oggetto di un racconto kafkiano».
Sorride amaro Renzo Dori, presidente della consulta provinciale per la salute. D’altra parte la situazione è sempre più paradossale. Sono passati e si sono alternati i governi provinciali e i vertici dell’Azienda sanitaria, ma il problema rimane sempre lo stesso e nessuno è riuscito a trovare il bandolo della matassa. Il Nuovo Ospedale Trentino non c’è.
Presidente, siamo di fronte ad un altro stop. Con cittadini, medici e infermieri che restano in attesa.
Sono oltre 15 anni che l'attuale sede del più importante ospedale trentino, il S. Chiara, è stata dichiarata strutturalmente e tecnologicamente inadeguata sia per i pazienti sia per il personale che vi opera quotidianamente.
Per questo si era pensato al Not.
Esatto. Da quella oggettiva valutazione ha preso avvio il progetto del nuovo ospedale, che doveva saper rispondere alle esigenze di aggiornamento strutturale e tecnologico e anche ad esigenze di prospettive di ulteriore sviluppo futuro rispetto a acuzie e complessità cliniche in essere e di domani (pandemie comprese). Tutto questo per rispondere anche alle esigenze del cittadino-paziente garantendo un luogo di cura con buoni standard di comfort e vivibilità durante la degenza.
Invece tutto è andato avanti al rallentatore, tra bandi, ricorsi, bocciature e ripensamenti.
A quel punto è iniziata una vicenda tutta italiana costellata di gare e ricorsi, di modalità realizzative attraverso la finanza di progetto poi contestata e riproposta, dove commissioni tecnico-amministrative della Provincia, preposte alla valutazione dei progetti, si sono dimostrate disattente nella verifica della rispondenza fra contenuti progettuali e capitolato di gara. Le sentenze sono diventate come le “stazioni” di una via crucis.
Nel frattempo il mondo, oltre alla sanità, è cambiato.
Pensiamo solo all’università di medicina, il cui campus per le scienze biomediche ben si collocherebbe in vicinanza del nuovo ospedale.
Ma dove?
Evidentemente non ci sarebbe spazio sufficiente in via al Desert, quindi si propone di spostare tutto nell’area San Vincenzo a Mattarello. Ma azzerare tutto e ripartire con un cambio di ubicazione quanto tempo richiederebbe? E ci sarebbero gli ulteriori ricorsi - già ventilati - con richieste di consistenti danni da parte dell'impresa Guerrato. L’attesa sarebbe di un ulteriore decennio tra gara, aggiudicazione e lavori. E il Santa Chiara riuscirebbe a resistere per un tempo così lungo? Questi interrogativi andrebbero sciolti con attenzione.
Due anni fa e mezzo fa l’ex dg Paolo Bordon, parlando come sempre in modo schietto e trasparente, disse all’Adige che «se non si trova una soluzione rapida è chiaro che il sistema sanitario trentino collasserà nel giro di qualche anno». È davvero così importante il Not?
È un’opera fondamentale per la sanità. Non dimentichiamo mai che dietro una “macchina” non perfettamente adeguata come quella di un ospedale principale del Trentino ci stanno poi le sofferenze degli utenti-degenti e i disagi degli operatori sanitari a tutti i livelli. Gli interventi di adeguamento del Santa Chiara sono stati tanti e costosi, tra ampliamenti e parziali ristrutturazioni, con noti e crescenti disagi per chi ci lavora e per i degenti. La mancata o bassa attrattività di professionisti e specialisti nei confronti del Trentino forse in parte è anche legata a un'immagine di una struttura ospedaliera in affanno rispetto a modelli di alta dotazione tecnologica e specializzazione.
Ci sono delle responsabilità?
La vicenda è kafkiana e come tale non riesce mai a chiarire le responsabilità politiche e tecnico-amministrative. Ma tanti sono coinvolti tra ritardi, sottovalutazioni o errori di valutazione veri e propri. Poi i costi, con gli aumenti di quelli diretti e di quelli indiretti, ovvero gli adeguamenti. E paghiamo tutto noi cittadini.
Cosa spera a questo punto?
Auspico si faccia in fretta, magari individuando procedure di progettazione, gara e realizzazione più stringenti e una dotazione amministrativa di valutazione e controllo più efficiente.