Addio ad Erio Volpi, il velista delle istituzioni
Morto a 74 anni l’ex dirigente della Provincia ed ex Rana Nera. Il ricordo dell’ex governatore Lorenzo Dellai e dell’ex collega ed amico Claudio Bortolotti
TRENTO. Se n’è andato dopo una battaglia lunga sei anni con una malattia che ha sempre affrontato guardandola dritta in faccia. Alla fine però Erio Volpi è dovuto salpare. Non per i Caraibi, stavolta. Un po’ più lontano.
A 74 anni l’ex dirigente della Provincia - ma anche ex Rana Nera - ha lasciato la moglie Lucia, il figlio Marzio e i tanti amici che ha saputo coltivare nel corso di una vita spesa tra istituzioni e senso del dovere, ma anche passioni e divertimento, tra barche a vela e moto.
Univa avventura e senso del dovere. Entrambi, probabilmente, ereditati in culla da quel papà colonnello Francesco Volpi, che lo avviò al volo e pure un po’ alla ricerca di emozioni forti.
Il dovere, prima di tutto. Lui lo ha declinato in una carriera pubblica tutta vissuta nel mondo della Provincia. Dirigente in diversi settori - tra cui Cultura e Ambiente - gli venne affidata l’Appa, che guidò in qualità di direttore.
Della Provincia disse, per altro in un momento non facile dal punto di vista professionale, che «i cittadini devono avere fiducia nella Provincia. Lo merita: è una buona amministrazione». La gestione della cosa pubblica è una catena, lui ne era orgoglioso anello: «Un funzionario e un dirigente preciso, serio e anche come caratterialmente di grande serietà - ricorda l’ex governatore Lorenzo Dellai, che lo incrociò nei primi anni di presidenza - portava dentro di sé l’esperienza e le caratteristiche del papà, il comandante Volpi, mitico personaggio del volo. La sua scomparsa è davvero una brutta notizia, faceva parte di quella classe di dirigenti provinciali che sapevano interpretare questo ruolo con grande serietà e competenza e con uno stile discreto, serio. Credo abbia lasciato un ottimo ricordo».
Lo ha lasciato in ufficio, ma anche fuori. Perché, come ricorda l’amico fraterno Claudio Bortolotti, «nulla lo travolgeva, ma tutto lo entusiasmava». «Aveva un equilibrio nelle cose, che davvero tanti gli invidiavano - ricorda Bortolotti - nelle difficoltà manteneva una grande calma. Anche nella malattia, ha sempre tenuto duro, ha fatto finché ha potuto la sua vita. Aveva un amore per la vela, ma non ne era ossessionato. Sapeva godersi la vita con equilibrio».
Il suo entusiasmo l’ha messo in tante cose. La famiglia, naturalmente. Con la moglie Lucia i viaggi in moto erano diventati storie da raccontare agli amici. E poi il mare, l’acqua, il mondo delle immersioni. Rana nera, è stato presidente del sodalizio in tempi pionieristici. Attrezzatura lontana da quella ipertecnologica di oggi, si muovevano in un mondo più grande di quello che conosciamo. E non ne avevano paura.
Lui, in particolare, la barca l’aveva ormeggiata ai Caraibi, perché la passione, quando è vera, porta a muoversi verso lidi sconosciuti. Lui li ha esplorati, ritagliandosi il tempo necessario: una volta andato in pensione si è aggregato ad un equipaggio internazionale per viaggiare fino in Polinesia, mesi interi vento in faccia e timone tra le mani.
«Se vi state accingendo alla circumnavigazione della terra da est a ovest, secondo la classica rotta equatoriale -scrisse una volta in un suo diario di viaggio - sappiate che la tratta che va dalle isole Galapagos alle Marchesi è la più lunga - senza scalo - in assoluto».
Lui lo sapeva, perché quel viaggio l’aveva fatto.