Tamponi facili contro il Covid, altri clienti sotto la lente: potrebbero essere emessi nuovi avvisi di garanzia
Si stima che soltanto nei primi due mesi sottoposti a verifica, il gruppo (coordinato dall'infermiere Gabrielle Macinati) abbia inserito i dati di circa 35 mila tamponi. Per tutti i soggetti raggiunti da avviso di garanzia, i reati contestati sono di concorso in corruzione, falso ideologico e accesso abusivo a sistema informatici
IL CASO Green pass falsi
TRENTO. Non si ferma il lavoro degli inquirenti per definire il quadro legato all'inchiesta dei "tamponi facili". Dopo che ieri i carabinieri della sezione di pg del tribunale di Trento hanno notificato un avviso di garanzia a 42 persone, che sono andate a sommarsi alle 44 raggiunte da analogo atto nei mesi scorsi, il complesso e delicato esame delle decine e decine di ore di intercettazioni prosegue.
Si stima che soltanto nei primi due mesi sottoposti a verifica, il gruppo (coordinato dall'infermiere Gabrielle Macinati e composto da altre quattro persone) abbia inserito i dati di circa 35 mila tamponi.
Il lavoro certosino che i militari dell'Arma stanno portando avanti è fatto non solo di ricostruzione degli elenchi dei clienti dei punti tamponi che Macinati aveva aperto a Pergine e Trento, ma soprattutto dell'incrocio dei dati dei clienti con quelli dei green pass inseriti nelle banche dati e con la documentazione sequestrata a gennaio.
Il grande numero di tamponi effettuati, del resto, è stato uno degli elementi che ha contribuito a tradire Macinati e i suoi collaboratori: impensabile che fosse realmente possibile sostenere ritmi pari a un tampone al minuto e proprio la mole di dati inseriti nei database ha confermato che i sospetti che già circolavano sull'attività dei punti tamponi finiti nel mirino potessero essere fondati.
A ricevere ulteriori avvisi di garanzia potrebbero essere dunque nelle prossime settimane altre persone che - come è emerso in questa seconda fase delle indagini - non erano solo trentini.
Tra loro vi erano anche altoatesini e addirittura piemontesi: una serie di persone che avevano saputo della possibilità di potersi garantire, pagando, la certificazione di positività in modo da non poter poi dover ottenere, davvero, il green pass, in quanto virtualmente (e concretamente, stando alle banche dati che tenevano conto dai dati inseriti da Macinati) guariti dopo aver contratto il virus.
Per tutti i soggetti raggiunti da avviso di garanzia, i reati contestati sono di concorso in corruzione, falso ideologico e accesso abusivo a sistema informatico. Accuse pesanti: per il solo reato di corruzione gli 86 clienti indagati rischiano da 6 a 10 anni di reclusione. I legali dei soggetti raggiunti da avviso di garanzia stanno ora cercando di ricostruire l'accaduto per elaborare le proprie strategie difensive.