Botte, offese minacce alla moglie: confermata la condanna di 3 anni e 9 mesi. L’uomo dovrà anche pagare 45mila euro
Ha preteso rapporti sessuali dicendo che gli erano dovuti in quanto manteneva sia lei che la figlia. Anche se era una bugia: era la donna ad avere un regolare impiego e a portare i soldi a casa, mentre il marito lavorava saltuariamente
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TRENTO. Minacce, botte e offese nei confronti della moglie. Ma anche violenze. «Mantengo te e tua figlia, quindi tu devi ripagare», diceva. Spesso era sotto l'effetto dell'alcol e della cocaina, non pienamente in sé, tuttavia era perfettamente cosciente quando si rifiutava di pagare le bollette. L'uomo è stato condannato dal tribunale di Trento, con rito abbreviato, per violenza sessuale, maltrattamenti familiari e per non aver contribuito all'assistenza dei figli.
La sentenza è stata confermata in appello nei giorni scorsi: tre anni e nove mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di 45.800 euro alla vittima, che - assistita dall'avvocato Marcello Paiar - si è costituita parte civile in quanto moglie e come rappresentante dei due figli minori nati dalla relazione con l'imputato.
L'uomo, quarantenne nato in Tunisia, e la donna hanno vissuto sotto le stesso tetto per molti anni, a partire dal 2009, assieme ai loro due bambini e alla figlia - ora ventenne - nata da una precedente relazione della moglie. Proprio contro la ragazza più volte si è rivolto il patrigno con parole pesanti, ribadendo che non era sua figlia, minacciandola e pure colpendola con schiaffi. Nel corso di una discussione, aveva fatto un buco della porta della stanza a furia di testate e pugni.
Ma è contro la moglie che l'uomo scagliava spesso la sua ira. Ha preteso rapporti sessuali dicendo che gli erano dovuti in quanto manteneva sia lei che la figlia. Anche se era una bugia: era la donna ad avere un regolare impiego e a portare i soldi a casa, mentre il marito lavorava saltuariamente.
L'ha costretta più volte a stare sveglia di notte, ascoltando musica ad alto volume, cantando a squarciagola, giocando a calcio in giardino e in questo modo disturbando il sonno dei bimbi. Aveva atteggiamenti da padre-padrone, ad esempio quando, per gelosia, l'ha costretta a cancellare un contatto con un amico su Facebook, e al contempo l'ha offesa e picchiata con schiaffi e pugni in faccia e alla testa (sei giorni di prognosi per un trauma al collo e al padiglione auricolare).
In un'occasione l'ha spintonata e con uno schiaffo le ha lacerato un labbro. E poi le urlava contro, le tirava i capelli, e una volta le ha pure rotto il computer. «Emerge in modo inequivoco un comportamento prevaricante e connotato da scarse capacità di autocontrollo del soggetto in relazione a problematiche sue proprie scaricate contro i suoi familiari» rilevava il giudice di primo grado nella sentenza.
Gli atteggiamenti violenti, iniziati un paio di anni dopo il matrimonio, sembravano essere cessati nel periodo in cui venne seguito dal Serd per disintossicarsi dalla droga. Tuttavia nel 2018 la situazione era peggiorata e successivamente l'uomo ha negato il denaro per il sostegno dei figli. A seguito della denuncia della moglie per percosse, disturbo della quiete e violazione degli obblighi di assistenza familiare, il tunisino era stato allontanato da casa con provvedimento del tribunale per i minori e sospeso dalla responsabilità genitoriale, mentre la moglie ed i figli collocati in una struttura protetta. Lui si era sempre professato innocente, ma le sue parole sono valse poco in aula di fronte alle prove della violenza.