Salute / Riflessioni

Sanità, il modello veneto e quello trentino. Coincidono e vanno verso i privati

La lettera di una dottoressa veneta descrive la situazione e accusa Zaia. E tantissimi medici trentini la rilanciano su Facebook: ecco che cosa dice

di Gigi Zoppello

TRENTO. Reparti in affanno, medici che fuggono, liste d’attesa lunghissime, ricorso alle cooperative e cittadini «costretti» a rivolgersi al privato a pagamento (con il quale l’ente pubblico stipula convenzioni onerose).

Stiamo parlando della situazione del Veneto, ma anche di quella del Trentino. Perchè il «modello Zaia» è facilmente sovrapponibile a quello Fugatti-Segnana-Ferro-Ruscitti.

Ce ne occupiamo pubblicando un post di una dottoressa veneta, Laura Frigo. Che è stato rilanciato oggi su Facebook da molti operatori sanitari trentini, perché lo ha pubblicato anche Emilio Arisi, ex primario di ginecologia del Santa Chiara, persona stimata ed ascoltata.

Com’è dunque questo atto di accusa? Eccolo. E voi provate a leggerlo sostituendo la parola «veneto» con «trentino». Esercizio istruttivo.

«Come si fa politicamente a passare da un sistema sanitario pubblico ad uno privato senza dirlo ai cittadini? Come si fa a chiudere reparti facendo finta di non chiuderli, come sta facendo Zaia in Veneto?

Lo fai un po' alla volta. Lo fai obbligando i professionisti a pagarsi l'assicurazione da soli, così tagli quella spesa.

Poi non assumi personale dove serve.

Poi non paghi gli straordinari o gli acquisti di prestazione dicendo che li pagherai più avanti.

Intanto i medici si trovano a spendere soldi per assicurazioni, non avere più straordinari pagati e ad essere sempre in meno a fare lo stesso lavoro che copre 24 h tutti i giorni.

Poi dai direttive come in fabbrica, pretendendo una visita ogni dieci minuti quando ne servirebbero almeno venti, in media, per avere il tempo di dire buongiorno e buonasera.

I pazienti sono scontenti perché aspettano, si innervosiscono, aggrediscono i medici che si trovano pagati male o addirittura con ore non pagate, con turni di lavoro impossibili, pazienti nervosi ed aggressivi che fanno causa per mille motivi e la tua azienda non ti copre. E vai di spese legali.

Le liste di attesa si allungano, la gente va nel privato.

La Regione intanto fa convenzioni col privato, aiutandolo. Così i medici si rendono conto che lo stesso lavoro viene loro pagato il doppio da un'altra parte senza fare 10 notti al mese o avere impegnati due weekend su 4.

In tutto questo, i medici sono pure pochi perché un imbuto impedisce ai neolaureati di specializzarsi.

Ad un certo punto, tra pensionamenti e licenziamenti non hai più medici e il reparto non c'è più, come ginecologia a Piove di Sacco o Pediatria a Camposampiero. Pian piano tagli i servizi territoriali, appaltando alle coop per non assumere nuovi infermieri. Dai un disservizio alla popolazione e tanti infermieri neolaureati vanno in Inghilterra o Germania. O vanno nel privato che cresce pian piano al decrescere del pubblico.

Questa è stata la strategia di gestione del Sistema Sanitario Veneto di Luca Zaia. E non sono stati avvenimenti casuali, è un uomo troppo intelligente per accusarlo di incapacità, è stata proprio una sua scelta, condivisa dalla maggioranza in Veneto. Quello di cui non sono sicura, invece, è che i cittadini veneti lo abbiano votato convinti che avrebbe fatto tutto questo». 

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