«Cinghiate al figlio»: cade l’accusa di maltrattamenti, padre assolto in Appello con formula piena
Da qualsiasi parte la si guardi, è una storia familiare dolorosa. Una vicenda che aveva fatto scalpore, perché era stato lo stesso ragazzino, allora dodicenne, a presentarsi da solo in tribunale, al mattino presto, quando ancora gli uffici erano chiusi. Il suo racconto aveva tratti sconvolgenti
TRENTO. C'è un padre che a tre anni dalla denuncia per maltrattamenti e a uno dalla condanna è stato assolto in Appello con formula piena. E c'è un figlio, oggi poco più che adolescente, che ha visto le sue accuse contro il genitore sciogliersi come neve al sole.
Da qualsiasi parte la si guardi, è una storia familiare dolorosa. Una vicenda che aveva fatto scalpore, perché era stato lo stesso ragazzino, allora dodicenne, a presentarsi da solo in tribunale, al mattino presto, quando ancora gli uffici erano chiusi. Il suo racconto aveva tratti sconvolgenti: se non faceva ciò che il genitore gli imponeva - ha raccontato - ai castighi potevano seguire schiaffi e anche cinghiate.
Questo avveniva quando il ragazzino, figlio di una coppia separata e con affido condiviso, era ospite a casa del padre. Dal racconto del minore emergeva una violenza sia fisica che morale che l'imputato ha sempre respinto. Anzi, le versioni sono apparse fin da subito inconciliabili.Il padre, secondo gli elementi raccolti dall'accusa, avrebbe costretto il figlio a redigere un diario per descrivere le sue giornate e per riflettere sulle eventuali mancanze scolastiche: fin qui niente di speciale, se non che l'adulto l'avrebbe letto e commentato, apportando anche correzioni, e talvolta appellando il ragazzino come "asino e incapace", e in tal modo "creando un continuo profondo disagio al minore".
E poi l'avrebbe punito con "compiti casalinghi", ad esempio facendolo alzare al mattino presto per far passeggiare il cane. L'accusa più grave riguarda la violenza fisica: l'uomo, come era emerso dal racconto del ragazzino, avrebbe diverse volte alzato le mani e schiaffeggiato il figlio, e in una occasione l'avrebbe sottoposto "alla medioevale punizione delle cinghiate". Con un quadro così delicato il pubblico ministero, per tutelare il minore e a fronte degli elementi raccolti dai carabinieri, aveva subito chiesto e ottenuto il divieto di avvicinamento dell'adulto al figlio.
Diversa la versione del padre che ha sempre detto di aver cercato di fare fronte ad alcuni problemi di carattere del ragazzino e a comportamenti ritenuti non corretti, respingendo con fermezza l'accusa di aver compiuto violenza fisica. Ha spiegato che l'idea del diario sarebbe servita al figlio per prendere coscienza di cosa non andava.
Anche rispetto alla richiesta di portare a spasso il cane al mattino, si sarebbe trattato di un "compito" svolto padre e figlio insieme, assegnato in un'ottica di responsabilizzazione. Insomma, il genitore avrebbe agito magari con fermezza e severità, ma con finalità educative.In primo grado l'uomo era stato condannato ad un anno e quattro mesi senza attenuanti e senza sospensione condizionale. Giovedì in Appello è arrivata l'assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste: è stata smentita l'accusa, riconoscendo l'inesistenza dei maltrattamenti. Per il padre, difeso dall'avvocato Andrea de Bertolini, è la fine di un incubo.