Turismo trentino, il Covid ci ha riportati indietro di vent'anni: i terribili dati del bienno 2020-21
La Provincia pubblica le statistiche su arrivi e presenze dei due anni di pandemia: a soffrire di più i comprensori che lavoravano con gli stranieri, dall’Alto Garda alla val di Fassa
TRENTO. Ormai non c'erano dubbi, ma ora la situazione è certificata anche dai dati ufficiali e depurati da effetti stagionali: il Covid ha riportato indietro di vent'anni i numeri del turismo trentino, in particolare per quanto riguarda gli alberghi.La Provincia di Trento ha definito le statistiche per quanto riguarda il 2021 che, a fronte di un'estate di aperture, ha dovuto comunque fare i conti con l'assenza della stagione invernale nei primi mesi dell'anno.
Progressivamente, la situazione è andata migliorando e, quindi, i magri risultati raggiunti nel 2020, quando pure il turismo invernale aveva potuto restare in attività fino all'inizio di marzo sono stati migliorati in buona parte dei territori. Non in tutti, però, perché quelli a maggiore trazione sciistica sono rimasti comunque indietro.
Se si guarda agli arrivi negli hotel trentini, nel 2021 sono stati pari a 2,12 milioni, contro i 2,06 milioni di dodici mesi prima. Bilancio leggermente migliorato, dunque, ma il "buco" rispetto ai 3,37 milioni del 2019, indica una perdita superiore al 30%. Il problema, vista l'eccezionalità di eventi come la pandemia, sta anche nel leggere a ritroso i dati del turismo trentino.
Per trovare un risultato simile a quello riportato nel biennio 2020-2021, bisogna infatti scendere fino all'inizio di questo secolo, all'anno 2000, quando gli arrivi furono 2,07 milioni. Come a dire che il Covid si è portato via la crescita di vent'anni in un settore chiave per l'economia trentina.
Analizzando i singoli territori, anche una realtà sulla quale l'impatto dell'inverno è decisamente basso, come l'Alto Garda, l'arretramento è stato consistente. I 609 mila arrivi del 2019 sono stati quasi dimezzati nel 2020 a quota 311 mila, per risalire abbastanza bene lo scorso anno a 448 mila.
Un po' diversa la situazione nella seconda comunità di valle per numero di arrivi, il Comun General de Fascia. In questo caso, il punto di partenza erano i 527 mila arrivi del 2019, che sono scesi a 381 mila nel 2020, quando gli alberghi erano stati chiusi ai primi di marzo, quando ormai avevano potuto incassare buona parte di una stagione invernale da record. Le riaperture estive, poi, avevano contenuto un po' le perdite.
Perdite che sono state più pesanti nel 2021, quando gli arrivi sono ulteriormente scesi a 320 mila, proprio per effetto della mancanza della stagione invernale.
A conferma dell'importanza del turismo invernale, andamenti simili si sono registrati anche nelle Giudicarie, che comprendono la Val Rendena e Campiglio, con gli arrivi di turisti passati da 330 mila del 2019, ai 219 mila del 2020 e a 205 mila del 2021. Non fanno eccezione allo stesso trend pure la Val di Sole (dai 363 mila del 2019, ai 228 mila del 2020, ai 178 mila del 2021), la Val di Fiemme (231 mila nel 2019, 149 mila nel 2020 e 131 mila nel 2021), la Paganella (272 mila nel 2019, 198 mila nel 2020 e 164 mila nel 2021), il Primiero (157 mila nel 2019, 115 mila nel 2020 e 100 mila nel 2021) e gli Altipiani Cimbri (128 mila nel 2019, 87 mila nel 2020 e 71 mila nel 2021). Ferme restando le perdite, andamenti diversi si registrano scendendo nel fondovalle.
Il Territorio della Valle dell'Adige, che comprende Trento è sceso dai 314 mila arrivi del 2019 ai 144 mila del 2020 per risalire lo scorso anno a 202 mila. Trend analogo pure per Alta Valsugana a e Valle dei Mocheni che sono scese dai 177 mila arrivi del 2019 agli 84 mila del 2020 prima di ritornare a quota 118 mila nel 2021.
Restano infine le altre comunità di valle, tutte al di sotto dei 100 mila arrivi. Valle di Cembra, Val di Non, Vallagarina, Rotaliana e Valle dei Laghi hanno avuto tutte lo stesso andamento: valori alti nel 2019, crollo nel 2020 e ripresa nel 2021.