Costi in aumento e personale, appello delle Rsa: “La Provincia ci ascolti”
Upipa chiede un incontro da settimane. Il presidente: “Sta aumentando tutto, vogliamo capire se la Provincia interverrà. E, se sì, quando e come. Se non lo farà dovremo prendere altre decisioni: possiamo intervenire sulle rette”
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TRENTO. La situazione, in ambito sanitario, socio sanitario e assistenziale non è semplice. E non è certo un mistero. Il Covid non è ancora del tutto alle spalle, e poi ci sono i problemi legati al personale e ai costi, con il caro vita e caro bollette che stanno mettendo in difficoltà anche quel settore. Per risolvere le varie questioni, ovviamente, il modo migliore è quello di affrontarle, di confrontarsi, di riunirsi. Così non è per il mondo delle Rsa trentine.
«La Provincia non ci dà udienza: da settimane chiediamo un appuntamento, ma niente. Abbiamo una serie di punti urgenti da affrontare, ma non riusciamo a sederci intorno a un tavolo con chi di dovere». A parlare è la presidente di Upipa Michela Chiogna. Che dopo una serie di riunioni interne nelle quali ha dovuto riferire che "no, dalla Provincia nessun cenno", fa un appello. Come suo costume e stile lo fa in maniera pacata e sorridente, ma decisa e diretta.
«Ho avuto il mandato di chiedere pubblicamente un incontro, la situazione sta diventando intollerabile. Dobbiamo essere ascoltati per poter capire come muoverci nel futuro prossimo. Anzi, in realtà come muoverci già domani mattina, perché i temi sono davvero urgenti».
Forse sarà per colpa delle imminenti elezioni, forse sarà altre problematiche politiche, ma in queste settimane da chi si occupa di sanità e Rsa, l'assessora Stefania Segnana in primis, non è arrivato alcun riscontro alle richieste di Upipa. Sono due le principali questioni da affrontare.
«Quella di stretta attualità è naturalmente legata ai costi: oltre alle bollette di gas ed energia, le nostre case di riposo si trovano alle prese con l'inflazione, cresciuta del 10%. Questo incide sulle derrate alimentari, sulla lavanderia, sui rifiuti. Vogliamo capire se la Provincia interverrà. E, se sì, quando e come. Se non lo farà dovremo prendere altre decisioni: possiamo intervenire sulle rette, si è parlato di un aumento di 2 euro al giorno, ma per farlo ci vuole comunque il via libera della Provincia. Quindi ora come ora siamo totalmente bloccati. Oppure dovremo tagliare sui servizi, che già adesso sono al minimo. La domanda è semplice: vogliamo sapere con chiarezza chi e in quale misura dovrà pagare gli incrementi tra Provincia, utenti e personale? Riteniamo che per evitare strumentalizzazioni tali decisioni debbano essere prese in anticipo, con meccanismi certi e trasparenti, e non a posteriori come ripianamento delle eventuali perdite. Serve inoltre che l'emanazione delle nuove direttive per il 2023 arrivi in tempi brevi (entro metà novembre e non a dicembre inoltrato come negli ultimi anni), per consentire una ponderata predisposizione dei budget».
Poi le questioni legate al personale. «Inoltre chiediamo di modificare le direttive, eliminando la figura del direttore sanitario - mai creata - ed attribuendone le competenze all'attuale coordinatore sanitario. Inoltre vorremmo rafforzare il parametro del servizio medico, e su questo punto anche la Cisl medici si è detta d'accordo: con le risorse destinate all'introduzione del direttore sanitario, potremmo avere 1 minuto in più al giorno a posto letto, che significherebbe incrementare il servizio del 50%. Ancora: vorremmo prevedere la consortilizzazione del coordinamento sanitario fino a 120-150 posti letto e affrontare il tema della garanzia della sostituzione da parte di Apss in carenza di figure reperibili sul mercato del lavoro».
I temi sono sul piatto. E sono effettivamente urgenti. Ora la palla passa inevitabilmente alla Provincia e all'assessorato alla salute.