Gli invisibili anche a Trento: circa 300 persone fragili che dormono in case abbandonate o sotto i ponti
Sono uomini e donne, italiani e stranieri: ecco alcune delle loro storie, da piazza Duomo alla zona dei palazzi della Provincia e della Regione, ma anche in periferia, all'interno di vecchi stabili industriali, al freddo ed esposti a molti pericoli
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TRENTO. Sono in sei. Africani. Di buon umore, tutto sommato. A pochi metri di distanza c'è la sede del Consiglio delle autonomie: poche ore prima il presidente Maurizio Fugatti ha illustrato il bilancio della Provincia.
Dal loro letto vedono le luci del Grand Hotel Trento. Ma loro staranno un po' più scomodi. Al freddo, di notte.
Per ora si resiste. Ma certo, se arriva il freddo "vero" ci si dovrà inventare qualcosa. Siamo in città. In via Torre Verde. Una panchina può essere confortevole. Basta ignorare tutto quello che ci circonda, compresi i due vigili urbani che controllano la zona. Magari ci si aiuta con l'alcol. Tanto alcol. Anche fino a quattro litri al giorno. Di vino.
Una dipendenza che non ti darà più un'esistenza normale: ogni mattina che il Creatore manda in terra c'è bisogno di un rituale un po' particolare, perché le prime ore del giorno vengono passate ad espellere dal corpo tutto ciò che si ingurgita.
Siamo in piazza Duomo. Il cuore di Trento. Dove c'è già la "base" dello splendido albero di Natale che porterà tanti turisti. E qualche monetina in più.Le coperte aiutano, certo. Aiutano a ripararsi dal freddo ma anche a "creare" delle stanze. E così nascono dei piccoli appartamenti, perché la privacy è importante.
Ma ci sono delle controindicazioni. Non solo il freddo, non solo il pericolo. Ma anche i topi, che escono allo scoperto e si avvicinano.
Senza paura. Siamo tra Trento e Ravina, a fianco del fiume Adige.Le vecchie fabbriche sono chiuse per modo di dire. Un lucchetto al massimo.
Ma offrono un'infinità di passaggi, non visibili all'occhio meno esperto. E per il gruppo di polacchi, sbarcati da anni in città, è un gioco da ragazzi entrare e stabilirsi in una forma più o meno definitiva. Arrivano le forze dell'ordine e arrivano i proprietari dello stabile, e ogni tanto bisogna sbaraccare. Ma tutto sommato è facile ritornare e mettere a posto le proprie cose: i materassi, le coperte, le provviste rimediate chissà dove. Siamo in via Brennero, a pochi passi dai negozi che vendono tutto.
Sono alcune delle storie che vedono protagonisti i veri "invisibili" di Trento. Persone che di giorno escono allo scoperto, ma fanno di tutto per non notarsi, perché un'eccessiva esposizione non conviene a nessuno. In città ci sono circa trecento persone che non hanno una residenza stabile e non riescono ad essere autosufficienti, nel senso che per i servizi essenziali - ad iniziare dai pasti e dall'accoglienza notturna - sono costretti a rivolgersi alle strutture di solidarietà sul territorio. Almeno 250 di loro riescono a mangiare e a dormire al sicuro.
Ma esiste un mondo che è ancora più irregolare degli irregolari. Più invisibile degli invisibili. Più ultimo degli ultimi. Abbiamo incontrato alcune di queste persone e ascoltato le loro storie grazie all'Unità di strada, di cui parliamo nell'altra pagina.Trento e il Trentino "sono" anche queste persone: molti di loro hanno alle spalle una lunga vita sotto i ponti e sopra una panchina. Alcuni hanno scelto di fare questa vita, perché rifiutano un pasto caldo e anche un letto sotto un tetto, pur di non rinunciare alla loro vita.
Ma quando scelgono di stare in strada, non sono davvero loro a volerlo: è il passato che decide, un passato fatto di violenze, mancanze, dipendenze, malattie, disagi mai affrontati.
Ci sono decine e decine di nazionalità, tra gli ultimi degli ultimi di Trento: Polonia, Romania, Croazia, India, Afghanistan, Costa d'Avorio, Mali, Senegal, Liberia, Guinea, Algeria, Marocco. Anche l'Ucraina e la Russia. Per queste persone l'approdo di Trento è una tappa di un lungo e sfortunato percorso personale.
C'è chi si ferma a lungo, e chi preferisce andare oltre.Non ci sono molti trentini, in questo mondo. Del resto, la loro presenza non è legata alla crisi economica degli ultimi anni, che ha messo in ginocchio anche tante famiglie con una casa e un lavoro. Il disagio di queste persone non è solo economico, ma è davvero più profondo. Come ci spiegano gli operatori dell'Unità di strada, «i problemi in questo caso non si risolvono con un piatto e con un letto».
Perché c'è molto altro.È chiaro che l'arrivo dell'inverno preoccupa. Finora il freddo li ha lasciati in pace, ma c'è chi passerà notti d'infermo, dai prossimi giorni.Ogni giorno queste persone ricevono una visita. E per tre sere alla settimana, oltre al conforto, arriva anche del the caldo e qualche coperta.
Il "tour" in soccorso agli invisibili parte da piazza Duomo, poi si va in piazza Dante, quindi al Centro Europa, dove nelle scorse settimane si erano trasferiti alcuni senzatetto.
Avanti poi con la stazione e la chiesetta di San Lorenzo. Quindi via Torre Verde, dove - come abbiamo visto - le presenze notturne sono numerose.
Poi l'Auditorium Santa Chiara, dove incontriamo un gruppo di ragazzi che chiacchiera ad alta voce. Sembrano ragazzi che non hanno molta voglia di tornare a casa, ma in verità una casa non ce l'hanno. Le gallerie di Piedicastello erano diventate un luogo confortevole per passare una notte tranquilla, ma l'area è stata chiusa e il riparo non è più stato possibile.
Vengono fatti sopralluoghi specifici in tutti i parchi della città.
Alla fine, in poche ore, vengono avvicinate cinquanta persone: alcune taciturne, alcune con un po' di voglia di parlare, tutte con una certa fatica dentro. La fatica di affrontare la giornata e il buio della notte.