Società / L'analisi

In Trentino ormai da sette anni si registrano più decessi che nascite

Gli effetti della pandemia si fanno sentire ma il trend è iniziato nel 2015. Le situazioni più allarmanti in Vallagarina e valle dell'Adige. Dalle statistiche della Provincia emerge quanto sono stati pesanti gli ultimi due anni: meno 2.478 nel 2020 e meno 1.317 nel 2021. Intervista con Agnese Vitali, professoressa del Dipartimento di Sociologia ed esperta in demografia

POPOLAZIONE Il Trentino non cresce più e invecchia rapidamente

di Matteo Lunelli

TRENTO. Più decessi che nuovi nati. Più ceri accesi in cimitero che fiocchi blu o rosa appesi sulla porta di casa. E da 7 anni, in Trentino, va avanti così: il cosiddetto "saldo naturale", ovvero la differenza tra nascite e decessi, ha il segno meno davanti.

Dalle statistiche della Provincia emerge con chiarezza quanto i due anni di Covid, ovvero 2020 e 2021, siano stati tragici: meno 2.478 due anni fa e meno 1.317 l'anno scorso. Ma, come accennato, si tratta di picchi all'interno di un trend, che verosimilmente proseguirà anche nel 2022. Dal 2015, infatti, il saldo è sempre negativo, con i decessi che superano le nascite.

E il dato riguarda sostanzialmente tutto il territorio provinciale, al netto qualche eccezione statistica: non è un caso, infatti, che siano le due comunità più piccole (Fassa e Paganella) a far registrare nei sette anni qualche numero con il "più" davanti.In val di Fassa, ad esempio, nel 2021 i nati rispetto ai morti sono stati 4 in più. Nel 2017, invece, perfetto equilibrio con un saldo pari a zero. Anche in Rotaliana l'analisi riporta dei numeri positivi: +50 nel 2015, +16 nel 2016, +74 nel 2017 e +28 nel 2018.

Poi l'inversione. Nonostante il saldo negativo - in sette anni il totale è di 6.390 persone in meno - il totale della popolazione non va di pari passo. Questo perché, naturalmente, ci sono le persone che arrivano a vivere in Trentino - stranieri, ma non solo e non necessariamente - e quelle che dal Trentino se ne vanno altrove - giovani soprattutto ma non solo.

Ecco perché la popolazione in Trentino è cresciuta di quasi quattromila unità dal 2015 al 2021, passando da 538.223 cittadini a 542.166. Per comprendere e analizzare tutti questi numeri abbiamo interpellato Agnese Vitali, professoressa del Dipartimento di Sociologia ed esperta in demografia.

Professoressa, questi dati la sorprendono?

Diciamo che in Trentino si vede l'effetto del calo della natalità. I dati degli ultimi due anni sono evidentemente influenzati dalla pandemia, ma il trend è iniziato prima. I numeri trentini però restano diversi dal resto d'Italia.

Migliori?

Decisamente. Al top c'è il "caso Alto Adige", dove la fecondità resta alta e il saldo naturale resta migliore. In Trentino c'è stato un calo di nati a cavallo degli anni Novanta (effettivamente dal 1981 al 1991 si è registrato in provincia un saldo naturale negativo di ben 4.450 unità ndr), poi a fine anni Novanta la natalità è aumentata grazie ai tanti investimenti, mentre da metà anni Venti si è tornati a scendere.

I tantissimi decessi Covid, con il Trentino che ha avuto uno dei tassi di mortalità più alti d'Europa, hanno influito?

Sì, il Covid ha influito sui decessi. Ma anche sul calo di nascite.

Ci spieghi.

Per due anni c'è stata grande incertezza: gli ospedali erano "off limits", i papà non potevano assistere ai parti e poi c'erano gli aspetti di insicurezza economica, molti temevano di perdere il lavoro, guadagnavano meno, sono stati licenziati. E tutto questo è decisamente disincentivante.

In Trentino, come accennato, da tanti anni ci sono molte politiche per famiglie e natalità.

Vero, le politiche qui in provincia vanno nella giusta direzione. L'aspetto importante è andare di pari passo tra incentivi a diventare genitori e sostegno a chi ha figli.

Lo si scopre diventando genitori: riceve X euro, per tanti che siano, alla nascita è una goccia rispetto alle spese che arrivano, tra asili, corsi ecc...

Infatti le politiche che funzionano sono quelle integrate, diciamo soldi e servizi insieme. I neo genitori scoprono tutto col tempo, anche perché in un contesto di bassa natalità non si trovano amici che raccontano l'esperienza.

Il saldo negativo è frutto sì del calo delle nascite ma anche dell'aumento dei decessi.

La vita si è allungata molto e questa è una bella notizia, però poi le morti si concentrano. Inoltre sta crescendo la "generazione sandwich": si tratta indicativamente di sessantenni che hanno nipoti piccoli ma che hanno ancora i genitori da accudire.

Che si trovano, quindi, a passare dal cortile dell'asilo a quello della Rsa.

Sì, e si trovano in mezzo tra due esigenze diverse, ovvero aiutare i figli e aiutare i genitori.

Capitolo stranieri: è il loro arrivo che compensa il saldo negativo?

Bisogna tenere conto dei dati sul saldo migratorio, ovvero sì gli stranieri che arrivano, ma anche i locali che se ne vanno. Post crisi 2008 c'è stata una forte migrazione di giovani italiani e anche trentini, che andavano soprattutto in Inghilterra e Germania per studiare, lavorare e farsi una famiglia.

Oltre alle politiche serve anche un cambio culturale?

Cambio che non credo ci sarà: la società è cambiata, si studia di più e più a lungo, è più difficile stabilizzarsi nel mondo del lavoro, si viaggia molto di più e anche le relazioni sentimentali sono cambiate. Però le persone i figli li desiderano: le donne che dichiarano di non volere figli sono solo il 2%, ma poi è il 22% che non li fa. Il desiderio c'è, ma poi si creano delle barriere.

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