«I Pfas sono molto pericolosi, eliminateli in Trentino come si è fatto da noi»
I dubbi sulla situazione locale e la questione della discarica Maza di Arco, intervista con Francesco Basso, già ispettore di Arpav Veneto, oggi esperto di Legambiente: "Dobbiamo fare sparire i Pfas dal pianeta Terra, non vanno più utilizzarli. Sono una sostanza che ci uccide, ci modifica dal punto di vista ormonale"
MAPPA Le contaminazioni da Pfas in Trentino Alto Adige
PROVINCIA Appa: «Nessuna criticità in Trentino»
IL PUNTO Pfas, quelle sostanze che ci avvelenano
VICENZA I processi sull'inquinamento da Pfas
TRENTO. «Dobbiamo fare sparire i Pfas dal pianeta Terra, non dobbiamo più utilizzarli. Sono una sostanza che ci uccide; ci modifica, ci modifica dal punto di vista ormonale e quando tocchi gli ormoni tocchi tutto. Il modo c’è: una bonifica della discarica con il sistema dell’osmosi inversa purifica il 95% del materiale; quello che resta va trattato con un termodistruttore, che è altra cosa dell’inceneritore.
La maggior parte dei politici non sa niente di queste cose. Noi siamo partiti prima in Veneto per cui questo sistema l’abbiamo già rodato».
Più chiaro di così Francesco Basso non poteva essere. Uomo di grande esperienza in tema di inquinamento, già ispettore di Arpav Veneto, quindi anche ufficiale di polizia giudiziaria per inquinamenti; laurea in scienze tecniche della prevenzione alla facoltà di Medicina e chirurgia di Padova è di Legambiente. Esperto da quasi 30 di amianto prima e Pfas dopo.
La discarica Maza di Arco, seppur chiusa da tempo, continua a sfornare amarissime sorprese. Oltre all’inquinamento “classico”, per il quale la Provincia sta correndo ai ripari con un’operazione di bonifica da circa 15 milioni di euro avviata nel 2019 e ancora in corso, c’è anche quella da Pfas, perfluoroalchilici che vengono utilizzati per pentole antiaderenti, confezioni idrorepellenti, tessuti tecnico-sportivi, pellicole, detergenti e schiume anti-incendio.
Nei giorni scorsi il giornale Nuovo Trentino riportava i dati del 2018, risultato di un campionamento, effettuato da Appa, Agenzia provinciale protezione dell'ambiente, ma analizzato nei laboratori di Arpav (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto) sul Rio Salone, che scorre ai piedi della discarica Maza per sfociare nel fiume Sarca.
ArpaVeneto individuò un valore di Pfas importante : 451,6 nanogrammi per litro. Nell’aprile-maggio 2019 i tecnici di Appa rilevarono la presenza di concentrazioni di Pfas in un campione raccolto nel percolato (il liquido che si accumula sotto la discarica che se non è impermeabile penetra nel terreno)della discarica Maza una somma di Pfas (senza Pfoa e Pfos) oltre 6000 nanogrammi per litro.
I Pfas a contatto con gli esseri viventi sono all'origine di patologie come disfunzioni della tiroide, problemi al sistema nervoso centrale, cancro, infertilità femminile e uno sviluppo anomalo dell'apparato genitale maschile dei bambini (il cosiddetto "scroto disabitato").
Per approfondire la tematica si può leggere Le insospettabili che rapirono Salvini, gustoso romanzo-saggio del giornalista Andrea Tomasi (Terra Nuova edizioni 2022).
Va ricordato anche un articolo dell’Adige del 2009 che riportava dati ottenuti da una fonte interna all’ente pubblico: al piezometro (pozzo spia) 8, quello che pescava nella falda sotto la discarica, oltre i limiti c’erano alluminio, arsenico, ferro, manganese, piombo e nichel.
Dottor Basso, i valori della discarica di Arco sono preoccupanti, sia per gli inquinanti”classici” sia per i Pfas?
«Certo. Ma sono dati parziali. Quanti pozzi spia ci sono? Quanti sono inquinati? Dipende anche dalla profondità del pozzo come dall’altezza della falda. I dati del 2009 che lei mi cita sono di un pozzo solo e gli altri? Non credo sia un solo pozzo inquinato. Dovrei vedere i report di tutti i pozzi nel tempo. E poi il percolato».
Già, il percolato: da quello che so veniva portato un tempo al depuratore di Linfano che poi rilascia nel fiume Sarca e quindi nel lago di Garda. Ora, credo, vada al depuratore di Rovereto.
«Intanto l’operazione di bonifica della discarica è ottimo, un buon piano come si dice. Ma siamo sicuri? I dati del 2019 ci dicono che c’è ancora Pfas. Qui da noi in Veneto i percolati vengono passati in osmosi inversa e poi puoi portarlo dove vuoi puoi portarlo anche sui campi per quello che mi riguarda. Se invece viene portato in un depuratore attenzione».
Portare il percolato in un depuratore non va bene?
«Il depuratore non fa niente sui Pfas, li diluirà, poi li scaricherà ma non succede niente purtroppo».
In un articolo dell’Arena del 2019 si ripotavano i dati di uno studio pubblicato dal Consiglio nazionale delle ricerche, Cnr, sui Pfas (di 20 tipi) nei laghi del nord Italia . La sarda del Garda, che è una delle specie ittiche più presenti nel lago, risultava avere concentrazioni che vanno da 1,7 a 4,8 nanogrammi per grammo di filetto. Già così si supererebbe la dose massima di assunzione di sostanze perfluoro-alchiliche da parte dell'uomo previsti nel suo ultimo parere dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare. Potrebbe dunque essere stato questo percolato la causa?
«Certo, ma magari allora tu hai trovato un colpevole, il depuratore di Linfano che poi va a finire nel Garda; ne hai trovato uno ma ce ne saranno anche altri. Il pesce è uno degli animali che immagazzina di più i Pfas, è una spia eccezionale, seconda solo ai molluschi. Se ci sono 4,8 nanogrammi, con un chilo di pesce a tavola fai un bel pieno. La domanda è: come è possibile che il Garda abbia un tale inquinamento? Il Garda è grande».
Quindi?
«Se volete iniziare: i liquidi delle discariche non vanno portati ai depuratori. Vanno prima passati su un impianto dedicato perché ci sono metalli pesanti, antibiotici, batterie, residui umani e forse anche industriali e Pfas».
La discarica ora è in fase di bonifica, sarà sicura?
«Meglio fare una tomografia elettrica. È stata fatta? Io vorrei sapere a monte del rio Salone cosa c’è. Vorrei sapere il Dna del percolato: quanto mercurio c’è? E idrocarburi e i benzeni, i solventi clorurati e gli aromatici?».
Può spiegare come funzionano il termodistruttore e l’impianto a osmosi inversa? Voi ne avete uno a Sant’Urbano.
«Con l’osmosi inversa fermiamo tutto; mi spiego: dalla discarica arriva all’impianto il percolato; questo liquido viene compresso, spinto da delle pompe speciali e da filtri particolarissimi ultrafini e ne risulta solo H2O, acqua e altre poche cose, non certo metalli o Pfas o diossine o idrocarburi. Ferma quello che c’è di pericoloso in un liquido, anche antibiotici o i bifenoli degli scontrini o i pesticidi. Un depuratore comunale non può fare nulla su queste sostanze. Dopodiché il 95% è acqua che potresti anche bere o buttare in agricoltura, perché è già a posto. Mentre il 5%, ma sarà anche meno, viene spinto a una ulteriore evaporazione; quello che resta, un concentrato di metalli e altre schifezze, va termodistrutto. Che non è un inceneritore. Lavora oltre 1.000 o 1.400 gradi e libera sostanze, tra virgolette, non più dannose, parlo di idrogeno, parlo di carbonio».
Sembrano, mi scusi, soluzioni anche semplici: perché i politici non percorrono queste strade?
«I politici se non sono informati non sanno; se il cittadino o i giornalisti non li stimolano non sanno nulla».