Carne sintetica, preoccupati i laboratori dei Cibio: «Il governo tarpa le ali alla ricerca»
Al progetto di Bruno Cell è interessata anche la Macelleria Cis di Bezzecca di Ledro. Il timore: «La decisione è un controsenso, perché si potrà importare. Le produzioni e il know-how sviluppati in Italia finiranno all’estero»
IL PROGETTO La sfida della “carne coltivata” a Povo: «È un prodotto sostenibile ed etico»
AGLI ALBORI Il filetto di manzo nasce in laboratorio al Cibio di Povo
TRENTO. C'è il rischio, concretissimo, che lo stop del governo Meloni alla produzione di "carne sintetica" comprometta l'attività di ricerca fin qui sviluppata. Nei laboratori del Cibio, sulla collina di Povo, la preoccupazione è massima. E si stenta a comprendere la ratio della decisione governativa. Anche perché il progetto della start-up "Bruno Cell" ha fin qui sviluppato risultati, al punto di essere prossimo alla richiesta di brevetto.
Non solo. Verso l'attività di ricerca finalizzata alla produzione di carne coltivata hanno già dimostrato interesse aziende del settore, e pure un'impresa trentina, la storica Macelleria Cis. Una primizia, un marchio riconosciuto nel mondo della lavorazione delle carni: fondata nel 1889 da Angelo Cis, la macelleria di Bezzecca è oggi alla quarta generazione, rappresentata da Massimo. Bruno Cell è la microimpresa in cui ha creduto Stefano Lattanzi, un imprenditore romano che ci ha investito danaro (fin qui 100 mila euro). Il progetto è seguito a tempo pieno da Giulia Fioravanti, ricercatrice toscana, nell'ambito di un programma di dottorato in innovazione industriale di cui sono supervisori i docenti Luciano Conti e Stefano Augusto Maria Biressi.
Il disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri vieta la produzione in Italia di alimenti derivati a partire da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati. Prevede pure, per chi sgarra, le relative sanzioni (fino a 60 mila euro o fino al 10 per cento del fatturato) e la confisca del bene prodotto, con divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni statali. Il governo ha quindi pienamente dato riscontro alla campagna contro il "cibo Frankestein" cui, in Trentino, avevano aderito, tra gli altri, il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, la pattuglia di senatori (tra cui Pietro Patton) e il vescovo emerito Luigi Bressan.
A che punto è la ricerca?
«Abbiamo proseguito nel lavoro per ottimizzare i processi di produzione di cellule e renderli più efficienti» risponde il professor Biressi, affiancato da Luciano Conti «i risultati sono incoraggianti».
Cosa significa?
«Abbiamo intenzione di presentare una richiesta di brevetto nei prossimi mesi: questione di un semestre. Un brevetto per la ottimizzazione del processo di produzione, relativo al differenziamento muscolare e alla formazione del grasso».
Lo stop imposto dal governo può "uccidere" la ricerca?
«La ricerca in sé, no» dice Conti «ma di fatto le tarpa le ali, perché non le permette di diventare start-up, quindi produzione industriale. Quindi, sì: la ricerca dovrà volare più basso».
All'estero non funziona così...
«Il punto è proprio questo» commenta Conti «il disegno di legge proibisce la produzione in Italia, ma non può vietare la importazione: è un controsenso. Perché?».
Che rischi corre l'investitore in Bruno Cell?
«Dipende da come finirà. Ma è chiaro che chi si è impegnato a produrre in Italia, se non lo potrà fare, si sposterà all'estero. Col risultato di sviluppare il know-how italiano in altre nazioni».
Avete già avuto contatti con aziende interessate al progetto di Bruno Cell?
«Sì» risponde Conti «abbiamo aperto discorsi di collaborazioni con ditte italiane e anche trentine».
Trentine?
«Non è un segreto: la Macelleria Cis ha manifestato interesse. Quello di affiancare alla produzione tradizionale di insaccati processi innovativi».
La questione, come a più riprese ha spiegato il professor Biressi, ha anche una dimensione etica: la necessità del pianeta terra di ridurre l'impatto degli allevamenti intensivi. «La nostra è una carne sostenibile. La minore produzione di metano è evidente» dice Biressi «si teme il grande business, ma alcuni membri della filiera tradizionale della carne sono pronti a cogliere l'innovazione. Ci può essere integrazione». E Conti aggiunge: «Si tratta di guardare al futuro, un po' più in là dei propri piedi. È un sentiero appena iniziato».