Il consumo di suolo trentino non si ferma più: ogni anno addio a 54 ettari, fa peggio la Vallagarina
L’ultimo rapporto registra una perdita di 71 ettari tra il 2019 e il 2021. Trento ha perso 5,6 ettari ma la situazione peggiore si è verificata a Besenello. In provincia, il 3,4% del territorio è artificializzato: meglio rispetto a quello nazionale (7,1%) ma qui solo il 13% è coltivabile
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TRENTO. Rallenta, ma non si ferma, la "macchina" del consumo di suolo in Trentino. Ogni metro di suolo dovrebbe essere "sacro", perché fonte di vita, un concentrato di biodiversità, che trattiene e cede acqua, sequestra CO2, crea l'humus che rende fertile la terra. Non si ferma, l'artificializzazione / impermeabilizzazione del territorio, perché l'avidità consumistica, accompagnata sempre da "valide" giustificazioni economico-urbanistiche, non ha limiti.
I suoli sacrificati in due anni. Nel biennio 2019-2021, l'incremento dei suoli sacrificati in Trentino è stato pari a 71 ettari. Il dato è riportato nell'ultimo rapporto sulle dinamiche di urbanizzazione e sul consumo di suolo elaborato dall'Osservatorio del paesaggio che ha preso a riferimento il monitoraggio condotto da Snpa-Ispra. In termini assoluti (vedi tabella in pagina), l'analisi evidenza valori di consumo di suolo maggiori in Vallagarina (15 ettari perduti), nell'agricola Val di Non (10 ettari), in Alto Garda e Ledro (8,6), nel Territorio Val d'Adige (6,2) e nelle Giudicarie (5).
In termini percentuali, rispetto al dato medio provinciale (+0,3%), l'incremento maggiore di suolo artificializzato (tra lo 0,5% e lo 0,4%), si è registrato in Val di Fiemme, nell'Alto Garda e Ledro, sugli Altipiani Cimbri, in Val di Non, Vallagarina e Primiero. L'incremento più contenuto è stato in Val di Cembra (0,1%). Tra i comuni, in valore assoluto svetta Trento, dove nei due anni il consumo di suolo è stato di 5,6 ettari, seguito da Rovereto (4,9), Arco (4,7), Besenello (3,2), Predaia (2,6), Mori (2,5) e Castello-Molina di Fiemme (2,5). In percentuale, batte tutti Besenello (+3,2%), seguito da Castello-Molina di Fiemme (2,2%), Bocenago (2%), Amblar-Don (1,8%) e Cimone (1,6%).
La tendenza viene da lontano. Più volte, su queste pagine, si è raccontato della grande trasformazione avvenuta nel dopoguerra. In Trentino, nel 1960, gli insediamenti occupavano 5.582 ettari, diventati 12.480 nel 1987, 15.943 nel 2004, fino (ultimo dato a disposizione) ai 17.480 fotografati nel 2021: il consumo di suolo è più che triplicato in 60 anni. Il dato va ovviamente letto considerando che il 60% del territorio provinciale si colloca al di sopra del 1000 metri di quota.
La "partita" del consumo di suolo, rimarca l'Osservatorio del paesaggio, si gioca infatti prevalentemente a danno degli usi agricoli di fondovalle: lo spazio dove la natura del nostro territorio rende possibile la coltivazione e l'insediamento è molto ridotto, pari a circa il 13% dell'intera superficie provinciale. L'ultimo monitoraggio di Snpa-Ispra ha considerato il periodo 2006-2021. In questi quindici anni, l'incremento del suolo provinciale artificializzato/impermeabilizzato è stato del 3,9%, in termini assoluti altri 813 ettari perduti. Vuol dire che in Trentino, dal 2006, ogni anno 54 ettari di suolo sono stati trasformati in case di abitazione, capannoni, strade, impianti sportivi, altro.
Si è detto che la "macchina" non si è fermata. L'Osservatorio del paesaggio lo riconosce: «Il valore dell'incremento annuale registrato nel corso del 2021, è di 38 ettari, più basso, quindi, rispetto alla media di lungo periodo, ma non tale da segnalare una decisa inversione di tendenza, né un significativo avvicinamento agli obiettivi generali della risorsa di suolo». L'Osservatorio del paesaggio è uno strumento della Provincia autonoma: la dichiarazione vale quindi come un pubblico mea culpa. Tra il 2006 e il 2021, l'incremento maggiore di consumo di suolo è stato sugli Altipiani Cimbri (+6,5%), il valore minimo è quello della Val di Cembra (+1,4%).Meno che a livello nazionale. Però…
A fine 2021, a livello nazionale, il suolo artificializzato/impermeabilizzato era pari al 7,1%, un dato preoccupante, mentre in Trentino era del 3,4%. Un raffronto, però, solo all'apparenza rassicurante, posto che qui, come detto, solo il 13% del territorio è coltivabile.