Guarda il film porno e viene minacciato: 17enne vittima di una tentata estorsione per un clic sbagliato
L’imputato è un ballerino di 40 anni padovano. La condanna di primo grado alla pena di 3 anni e 1 mese di reclusione e 800 euro di multa (con interdizione dai pubblici uffici per 5 anni) è stata confermata dalla Corte d'appello di Trento
TRENTO. È una delle prime regole che si apprendono in merito alla sicurezza sul web: mai dare il proprio consenso al trattamento dei dati personali senza leggere le condizioni della proposta e fare sempre molta attenzione ai clic. Il rischio è di finire in qualche sito dai contenuti discutibili, fare acquisti sbagliati o, come nel caso di un ragazzo trentino, cliccare per errore su un banner pubblicitario e far partire una "richiesta di servizio" con successivo contatto telefonico.
Il caso è finito in tribunale, perché quel clic sbagliato è stato il punto di partenza di una tentata estorsione, dai contorni sexy: la vittima è un giovane che all'epoca dei fatti aveva 17 anni, mentre l'imputato è un quarantenne padovano, di professione cantante e ballerino, che ha avuto qualche problema con la giustizia anche in passato per vicende simili. L'uomo è stato condannato dal tribunale di Trento a 3 anni e 1 mese e 800 euro di multa, sentenza che è stata confermata in appello.
Era una sera d'estate quando il ragazzo, mentre guardava sul proprio cellulare un film porno, ha cliccato per sbaglio su un banner che pubblicizzava la possibilità di avere contatti con una "escort". Subito dopo ha ricevuto la chiamata di un uomo, al quale ha spiegato di aver sbagliato numero.
È stato poi ricontattato: questa volta era una voce femminile che gli ha parlato, chiedendo 300 euro per la prestazione, soldi da accreditare su carta prepagata. Avvertendo l'esitazione del giovane, che non cercava alcuna compagnia né reale né virtuale, alla conversazione si è unito l'uomo della chiamata precedente (che evidentemente era accanto alla sconosciuta) presentandosi come avvocato e ribadendo la richiesta del denaro.
Nei giorni successivi ci sono state altre telefonate da parte della voce maschile ma anche della donna, con la minaccia di rivolgersi in questura se il giovane non avesse pagato il servizio, di denunciarlo per aver recato disturbo alla donna e di "rovinarlo". Il ragazzo ha parlato con la mamma, che - a fronte delle parole dello sconosciuto al telefono che diceva di raccontare tutto alla polizia - si è recata lei stessa dai carabinieri per denunciare l'accaduto. I militari hanno compiuto gli accertamenti sulle due utenze telefoniche da cui partivano le richieste di denaro, entrambe intestate alla stessa persona, al cantante e ballerino Andrea Franzon.
Le conversazioni sono state registrate: se la donna non è stata identificata, la voce dell'uomo è stata riconosciuta dai carabinieri del paese in cui risiede Franzon e che già avevano avuto contatti con lui. Due anni fa il quarantenne padovano era stato condannato a un anno e 4 mesi per estorsione, stalking, diffamazione e calunnia nei confronti di due veneziani. In quel caso le vittime avevano risposto ad un annuncio su un sito di incontri a luci rosse, venendo poi ricontattati dal ballerino che avrebbe preteso 300 euro per non rendere pubbliche le loro preferenze sessuali.
La stessa somma, 300 euro, è stata chiesta dall'imputato, che si era finto avvocato, al diciassettenne trentino per aver "disturbato" l'attività della escort. Come evidenziato dalla giudice Elena Farhat, «nel caso di specie si ricade in un tipico caso di estorsione tentata per mezzo di reiterate minacce e intimidazioni più o meno velate», e dunque «idonee a piegare la libertà morale di un soggetto di per sé debole in quanto minorenne, per giunta adescato a mezzo internet», «facendo leva sul naturale senso di vergogna e pudore ingenerato dal fatto che in quel momento la persona offesa stava guardando un filmato pornografico e che la profferta che gli è arrivata era a sfondo sessuale».
La vittima, è stato evidenziato nella sentenza, «grazie alla sua forza d'animo e di spirito» ha avuto il coraggio di riferire tutto sia al fratello che alla mamma. L'intervento del genitore «ha interrotto il gioco che avrebbe potuto portare il minore, se non avesse avuto il coraggio di denunciare, magari a ben altri tipi di conseguenze».
La condanna di primo grado alla pena di 3 anni e 1 mese di reclusione e 800 euro di multa (con interdizione dai pubblici uffici per 5 anni) è stata confermata dalla Corte d'Appello di Trento.