Materie prime, il ministro Urso: «Riapriamo le miniere». Sono 60 i potenziali siti trentini
Il Governo studia un piano per l’estrazione. Entro la fine dell’anno le prime offerte dalle aziende, sulla base dell’agenda per la transizione green dell’Unione Europea. Il geologo Cadrobbi: «Non siamo certi della presenza dei minerali, serve un’analisi approfondita per non rovinare il territorio»
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TRENTO. Il 2023 sarà l'anno del ritorno alle miniere: come dichiarato da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, entro la fine dell'anno ci sarà un piano perché si cominci con le proposte delle imprese per l'estrazione di materie prime critiche, i cosiddetti critical raw materials.
L'Europa ha stilato una lista di 34 materie prime estraibili, di cui 16 fondamentali per la transizione ecologica, ma servirà prima un processo di studio: per il territorio italiano le ultime mappe Ispra (sui giacimenti minerari) risalgono al 2006, così come quelle trentine. E scorrendo le mappe si possono vedere ben 80 siti minerari (potenzialmente, sarebbe da aggiungere) in regione cui 60 in provincia di Trento: poco più della metà - dagli aggiornamenti Ispra - sono di materie prime critiche.
Rame, nichel e tungsteno, sono solo alcuni dei tipi di giacimenti interessati, ed è persino possibile leggere dei punti dove potenzialmente potrebbe trovarsi dell'oro, presente secondo lo studio Ispra in 4 siti minierari. Ora, dopo le dichiarazioni del mnistro Urso, ci si aspetta una accelerazione anche per una legge nazionale più attuale, che comunque arriverà successivamente ad una maggiore chiarezza a livello europeo.
La finalità, oltre a quella della transizione, è raggiungere progressivamente l'indipendenza rispetto alla Cina, primo fornitore europeo - gestisce la metà del fabbisogno Ue - oltre che leader mondiale della produzione nel settore. Il tentativo italiano di "indipendenza", potrebbe chiaramente avere delle conseguenze sul Trentino, che ha una storia mineraria molto importante.
La storia delle estrazioni non è storicamente legata agli elementi che oggi risultano essenziali, una volta erano considerati scarti, come confermato dal geologo trentino Lorenzo Cadrobbi: «Non era quello che si cercava una volta, si andrebbe a lavorare su quella che era la discarica. Bisogna studiare e ragionare bene dove si estrae, il rischio è di distruggere per tirare fuori una quantità modesta. È necessario anche riconsiderare gli studi da cui partiamo: le analisi non si concentravano nemmeno su questi elementi. Materie come pirite o calcopirite non si riconoscevano, si parla di un'attività "antiquata", le miniere sono chiuse da quarant'anni».
Cadrobbi prosegue parlando del rischio per le aree verdi trentine, anche in seguito alle dichiarazioni del ministro Urso, di come "si potrebbe derogare per lavorare nelle aree protette": «Abbiamo una storia mineraria che potrebbe portare a considerare una presenza nella zona del Calisio. Il problema è andare a cercarle e quello che comporta per il territorio: per trovare la terra rara si deve andare a prendere una discarica per riabilitarla, anche se è diventata parte del paesaggio. Il problema è questo per le zone turistiche. Alcune ex zone minerarie sono siti di interesse, diventati parte di una componente ormai storica. Bisogna prestare attenzione al territorio in generale, ma nello specifico al nostro: è un paesaggio turistico».
La parte essenziale, per evitare di causare problemi all'ambiente è sicuramente una pianificazione, successiva ad uno studio approfondito: «Agire è impossibile al momento, si può però studiare, per costruirsi un'idea. Consideriamo la galleria climatica di Predoi: era una miniera importante fino al ventesimo secolo, ora le gallerie sono camere dove chi ha problemi di respirazione respira aria pura, trova sollievo. Serve grande pianificazione».