Marijuana coltivata come cura per l’ansia: trentenne condannato a sei mesi
L’imputato aveva undici piante (per un totale di oltre 1700 dosi) vicino a casa sua, in val di Non, ad uso terapeutico. Assolto in primo grado, la Corte d’appello ha dato un’altra interpretazione
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TRENTO. Le undici piante di marijuana che gli uomini della Forestale scoprirono nelle adiacenze di casa sua, in val di Non, le coltivava a scopo terapeutico: questo ha sempre sostenuto il trentenne, mostrando il certificato medico che attestava che per curare i dolori di stomaco, l'insonnia e gli attacchi di panico di cui soffriva era necessaria l'assunzione di Bedrocan, marchio farmaceutico della cannabis.
Se in primo grado era arrivata l'assoluzione dalle accuse di coltivazione e spaccio di sostanze stupefacenti «perché il fatto non costituisce reato», la Corte d'appello di Trento ha condannato l'imputato a 6 mesi e 20 giorni di reclusione e 1.300 euro di multa, per «lieve entità» del fatto. Molto meno del massimo della pena chiesto dall'accusa (6 anni, 6 mesi e 38mila euro che per il rito abbreviato sono scesi a 4 anni, 4 mesi e 20mila euro), ma i 6 mesi e 20 giorni decisi dal Collegio hanno un significato che va oltre la mera applicazione del Codice penale.
Dal punto di vista dell'imputato, il diritto alla salute è stato superato dalla legge: il trentenne, assistito dall'avvocato Gabrio Stenico, attenderà il deposito delle motivazioni (entro 90 giorni) per capire il ragionamento della Corte d'appello.
I fatti risalgono a settembre 2020 e, come si ricorderà, si era in emergenza Covid. In quel periodo l'imputato era rimasto senza lavoro e per un problema sia di costi (il Bedrocan è venduto ad un prezzo alto), sia di reperibilità del prodotto (che si trovava in poche farmacie) aveva deciso di realizzare una piantagione "casalinga". La difesa aveva prodotto la documentazione - a firma del medico curante e precedente alle accuse - che attestava che il paziente aveva necessità di assumere marijuana per attenuare i dolori e per ridurre l'ansia. Le piante, come dichiarato dall'imputato, erano coltivate ai soli fini terapeutici per scopi strettamente personali, non con l'obiettivo di cedere la cannabis a terzi.
Dai controlli del suo cellulare, dai pedinamenti e dalla testimonianza della ex convivente non sarebbe emersa alcuna prova di spaccio. A spingere l'accusa a chiedere il massimo della pena era stato il quantitativo sequestrato: undici piante per un peso complessivo di 43.698 mg, per un totale di 1.748 dosi medie ricavabili. Ben oltre il consumo personale a breve termine, praticamente una scorta. Una curiosità: il trentenne era stato individuato dagli uomini del Corpo forestale attraverso le fototrappole. Sottoposto a perquisizione domiciliare, aveva subito ammesso di essere il proprietario della "piantagione", specificando però che era marijuana coltivata solo a scopi sanitari.